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COMUNICATO STAMPA  n. 0669

 
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Indipendenza Toscana: Grossi, Costituzione validissima e ammirevole

L'intervento del presidente della Corte Costituzionale ha spaziato dal 27 aprile 1859 all'unità d'Italia fino ai giorni nostri, soffermandosi sul ruolo di garanzia della Corte

 

27 aprile 2016

 

Firenze – “Sono grato e lieto per questo invito che ho immediatamete accettato”. Così il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, che ha espresso sentimenti di ringraziamento per il presidente Giani, “bravo allievo nei corsi universitari” ma soprattutto per “l’invito sincero e intenso”. “Partecipare a questa seduta solenne è per me un ritorno a Firenze, dove ho insegnato per cinquant’anni alla facoltà di Giurisprudenza, che non ho mai voluto lasciare – ha continuato – Sono onorato di essere con voi perché questa iniziativa è di grande intelligenza e di dimensione culturale; porto il saluto e l’apprezzamento dell’intera Corte, da sempre attenta ai problemi regionali: le regioni sono ricchezza di insieme capace di fare lo Stato, uno e indivisibile della nostra Italia”.
E andando al 27 aprile 1859, Grossi ha ricordato lo scrittore Ferdinando Martini, allora ragazzetto di famiglia notabile che, in “Confessioni e ricordi”, parla del Granduca che esce con la carrozza da palazzo Pitti e viene salutato dai popolani, come ogni giorno, come andasse alle Cascine. Quel 27 aprile prese invece una strada diversa, andò verso via Bolognese e abbandonò la Toscana: “una non rivoluzione, una rivoluzione di velluto, che ruppe con un governo sonnacchioso di eccellenti amministratori, ma senza progetto politico – ha sottolineato il presidente – una rivoluzione mancata, che si risolveva sul piano della unità politica ma che non intaccava sul piano sociale, perché lo stato continuava ad essere monoclasse e avrebbe continuato ad esserlo fino alle soglie della I Guerra mondiale”. Quel 27 aprile fu momento di rottura col passato e prima tappa verso l’unità, ma la strada da compiere era ancora lungua e avrebbe condotto “agli anni miracolosi tra il ‘46 e il ‘48, che portarono alla Costituzione, ancora oggi validissima e ammirevole”. “I Padri costituenti osservarono valori e interessi diffusi da cui trarre principi per la Carta, rivolta ad ogni cittadino, dal più ricco al più misero – ha affermato Grossi –. Interlocutore dei nostri costituenti fu il cittadino, individuato nella sua carnalità: solo allora quel divario tra stato e società si venne a colmare, perché la Costituzione divenne di tutti, fu la Carta del popolo”.
In chiusura di intervento, il presidente ha quindi espresso un “sincero sentimento di orgoglio”, per la propria partecipazione al Collegio della Corte Costituzionale. “La Corte è organo di garanzia per i cittadini, è giudice delle leggi, leggi sempre ossequenti ai valori dei nostri Padri – ha detto – Appartengo alla Corte e ne sono orgoglioso, garantisco che la Corte ce la mette tutta, con impegno e determinazione, per non deflettere dalla funzione garantistica”. “Dio voglia che possiamo assolvere a questo compito anche nel prossimo futuro”, ha concluso Paolo Grossi. (ps)

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