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COMUNICATO STAMPA  n. 0737

 
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Governo locale: Irpet, Comuni in affanno su investimenti, personale e servizi

Il quadro emerge dal rapporto Irpet “Governo locale in Toscana. Identikit 2011”, commissionato dal Consiglio delle autonomie locali, e presentato in Consiglio regionale dalla curatrice Patrizia Lattarulo

 

18 giugno 2012

 

Firenze – Una pesante contrazione degli investimenti, una frenata della spesa per il personale con un maggiore ricorso alle esternalizzazioni di funzioni, una tenuta, ma con il rischio di un arretramento nei prossimi anni, dei servizi a favore dei cittadini. Gli Enti locali, e in particolare le amministrazioni comunali, rispondono così alla politica di rigore economico imposta dal susseguirsi di manovre, leggi Finanziarie e patto di stabilità. A dirlo è il rapporto Irpet “Il governo locale in Toscana. Identikit 2011”, commissionato dal Consiglio delle autonomie locali (Cdal), che è stato presentato in Consiglio regionale. Ad illustrarne i contenuti è stata la coordinatrice della ricerca, Patrizia Lattarulo. Tra il 2005 e il 2010, ha sottolineato, “la capacità di investimento dei Comuni toscani si è ridotta del 23%”, contro una media italiana di poco inferiore al 50%. “D’altra parte”, ha ricordato, “i Comuni della Toscana sono tradizionalmente caratterizzati da una bassa propensione agli investimenti”. Come dire, la contrazione è rimasta sotto la media nazionale ma partendo da dati più bassi. Si è al tempo stesso dilazionato il pagamento a favore delle imprese chiamate a realizzare le opere pubbliche. Secondo i dati del rapporto, inoltre, i Comuni e gli altri Enti locali toscani hanno avuto maggiori difficoltà “a intervenire sulla spesa corrente, perché tradizionalmente caratterizzati da elevati livelli di offerta di servizi. Ma anche su questo terreno sono stati tra i più virtuosi nell’adeguarsi alle ristrettezze imposte dal patto di stabilità”. Tanto che il tasso di crescita della spesa corrente, negli ultimi cinque anni, è stato pari al 5%, con valori inferiori al tasso di inflazione e contro il 15% della media nazionale.
In questo stesso periodo, ha spiegato la dottoressa Lattarulo, le amministrazioni locali “hanno dato priorità all’obiettivo di frenare la spesa per il personale”. Gli Enti locali hanno favorito “l’impiego di tipologie di contratti flessibili”, quali i contratti a tempo determinato, i contratti di somministrazione e le collaborazioni. I vincoli sempre più stringenti sulle spese per il personale, inoltre, “hanno determinato effetti evidenti sulle caratteristiche dei dipendenti”: gli assunti a tempo indeterminati sono diminuiti e oggi sono in maggioranza appartenenti alle fasce di età più mature, mentre ci sono “limitate possibilità di ricambio generazionale”. L’ingresso dei giovani avviene solo attraverso la forma dei contratti atipici “che permettono agli enti locali di disporre di personale altamente qualificato, senza però garantire un effettivo rinnovamento della struttura del personale”. Un fenomeno non positivo, che alla luce dei recenti interventi in materia di assunzioni, rileva il rapporto Irpet, andrà verso “un inasprimento, con effetti indesiderati tanto sulla produttività che sui costi per l’amministrazione”.
Insieme ai vincoli alla spesa, anche “l’autonomia tributaria delle amministrazioni comunali è diminuita nel tempo”. Il rapporto Irpet ricorda che in cinque anni la capacità impositiva dei Comuni, in primo luogo a causa della soppressione dell’Ici sulla prima casa, “si è ridotta del 15,5% in Toscana, contro la media nazionale del 2%”. Per fronteggiare questa mancanza di introiti, le amministrazioni toscane “hanno agito sulle entrate extratributarie”, e cioè tariffe, proventi dai beni dell’ente e dal sistema delle partecipazioni. Ma su questa leva i Comuni toscani hanno potuto agire – anzi, “hanno scelto di agire, precisa il rapporto, - “in modo meno incisivo”, perché la Toscana “si caratterizza tradizionalmente per la più elevata pressione fiscale e soprattutto finanziaria rispetto alla media del paese”. Negli ultimi cinque anni la pressione fiscale in Toscana è diminuita del 5% (in Italia la diminuzione è stata dell’1,8%) ma le entrate extratributarie sono cresciute del 25% contro il 13% della media nazionale. “Gli importi aggiuntivi più rilevanti in valore assoluto”, si legge nel rapporto Irpet, “provengono dai servizi pubblici”, per accedere ai quali i cittadini pagano 15 euro in più pro capite contro i 7 euro della media italiana. Allo stesso tempo, aumentano di pari importo “i proventi da utili netti di società e partecipate, a evidenziare una razionalizzazione del sistema della partecipazione”. In aumento, infine, anche i proventi da affitti e canoni, “a indicare una gestione più oculata del patrimonio”.
Sul fronte dei servizi alla persona, come da tradizione, si conferma un “profondo legame fra Enti pubblici e operatori non profit”, cioè con il mondo del volontariato e una sostanziale tenuta del livello dei serviri erogati. Il rapporto ha evidenziato “il ruolo centrale e tuttora crescente svolto dalle organizzazioni di terzo settore nell’erogazione dei servizi socio-assistenziali, socio-sanitari ed educativi di competenza di Comuni e aziende sanitarie”. Le amministrazioni locali hanno reagito alla penuria di risorse adottando tre strategie: “L’eliminazione dei servizi non strettamente indispensabili, l’incremento delle quote di partecipazione a carico degli utenti e la riduzione dei trasferimenti alle famiglie, la ricerca di operatori esterni a costi sempre più ridotti”. I vincoli di riduzione della spesa delle amministrazioni hanno avuto ripercussioni sul terzo settore in termini di “opportunità e condizioni di lavoro”. Infine, “molto pesanti rischiano di essere le ripercussioni sui cittadini, che a fronte di bisogni crescenti, ad esempio quelli legati all’invecchiamento della popolazione, sembrano doversi preparare a una riduzione delle prestazioni assistenziali erogate tradizionalmente dagli enti locali”. (lm)

 

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