Rifiuti: commissione d’inchiesta a Falascaia
Sopralluogo all’ex inceneritore di Pietrasanta chiuso nel 2011 su disposizione della Provincia di Lucca. Il presidente Giacomo Giannarelli: “Nato per sanare emergenza in Versilia, non ha risolto problemi del sistema. Pianificaizone sbagliata“. Il presidente della commissione Ambiente Stefano Baccelli proprone mozione per smantellamento definitivo: “Lo chiede il territorio e potrebbero già esserci le coperture finanziarie”
di Ufficio stampa, 4 marzo 2019
Demolire. È questa la parola d’ordine che ruota attorno all’ex inceneritore di Falascaia, impianto nato su decisione del commissario regionale a fine anni Novanta, entrato in funzione a inizio Duemila e chiuso nel 2010 su disposizone della Provincia di Lucca, che ha revocato l’autorizzazione per dati di emissioni non conformi ai parametri stabiliti. Falascaia doveva essere, in stretta sinergia con l’impianto di Pioppogatto di Massarosa, la soluzione al sistema dei rifiuti in Versilia. In dieci anni di attività “l’emergenza per la quale era nato ed era stato imposto a enti locali e cittadini è ancora tutta qui. È evidente che alla base c’è anche una pianificazione sbagliata, distante dalle reali esigenze di fabbisogno e dalle volontà dei cittadini”. Il commento del presidente della “
commissione d’inchiesta in merito alle discariche sotto sequestro e al ciclo dei rifiuti”,
Giacomo Giannarelli (M5S), arriva al termine del sopralluogo di oggi, lunedì 4 marzo, a Pietrasanta (Lu).
Una visita che segue quelle già svolte in altri territori della Toscana e dalla quale è emersa chiara la volontà di amministrazione comunale e Consrozio ambiente Versilia, proprietario di Falscaia: demolire la struttura di ferro il prima possibile. Dieci anni di inattività e nonostante la messa in sicurezza e la bonifica già garantita (sia in termini di accesso al sito che di rimozione di materiali e rifiuti, ma anche di monitoraggio delle vasche da parte di Arpat che ha escluso qualsiasi agente inquinante), l’area è a rischio crollo. Come spiegato da presidente e funzionario del Consorzio
Franco Mungai e
Guido Dini, i soldi per la demolizione, stimati in 800mila euro, potrebbero arrivare dai residui del contributo Ato sul porta a porta. “Abbiamo già scritto una lettera alla Regione per chiedere un contributo alla dismissione. Il costo è relativamente basso anche perché – hanno spiegato – la struttura è in ferro e buona parte potrebbe essere recuperato”. Nello stato attuale di disuso, Falascaia è sì presidiato e sicuro, “siamo intervenuti in due occasioni in urgenza per l’’usura”, hanno detto Mungai e Dini, ma ha un costo annuo di qualche decina di migliaia di euro per mantenere livelli di sicurezza standard, quali l’illuminazione delle due torri o la raccolta delle acque di prima pioggia.
Il presidente della commissione Ambiente,
Stefano Baccelli (Pd), presente al sopralluogo, ha proposto una mozione per chiedere l’intervento dell’assessorato competente: “Mi sembra che le coperture finanziarie ci siano. Facciamo nostra la lettera già inviata dal Consorzio e demoliamo la struttura. Sono per una Regione che accompagna il territorio”, ha detto ancora, ricordando come da presidente di Provincia annullò l’autorizzazione “a seguito della relazione tecnica della procura della Repubblica, nella quale rilevava dati di emissione non veritieri”.
Al sopralluogo hanno partecipato anche i consiglieri regionali
Maurizio Marchetti (Forza Italia),
Elisa Montemagni (Lega) e il direttore generale di Ersu, società che gestisce lo smaltimento dei rifiuti nel territorio,
Walter Bresciani.
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La storia di Falascaia
L’inceneritore di Falascaia nasce su decisione della Regione alla fine degli anni Novanta, dopo il commissariamento dei Comuni di Pietrasanta e Massarosa che non riuscivano a trovare soluzioni per il ciclo dei rifiuti, e la conseguente nomina del commissario ad acta Roberto Daviddi. Per realizzare un sistema integrato di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, viene infatti decisa la costruzione di due impianti integrati tra loro: uno per la selezione e il compostaggio a Pioppogatto nel Comune di Massarosa, l’altro di combustione e produzione di energia elettrica, ed è quello di Falascaia, peraltro realizzato nella stessa area in cui insisteva un vecchio inceneritore aperto nel 1974 e disattivato nel 1988 per ripetuti rilievi di carenze strutturali e gestionali.
Falascaia entra in funzione nel 2002 e un anno dopo, quando inizia a bruciare Cdr (combustione da rifiuti), l’agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpat) rileva significativi superamenti dei limiti di legge per diossine e idrocarburi policiclici aromatici. Viene disposta, da parte di Comune e Provincia, l’immediata sospensione di esercizio dell’impianto che ha ripreso a funzionare ad inizio 2004, dopo sostanziali modifiche strutturali e gestionali. Nell’ottobre del 2007, la multinazionale francese Veolia rileva da Tev, società costruttrice dell’impianto, il ramo d’impresa che gestisce Falascaia e Pioppogatto. Nel 2008, mentre i Comuni della Versilia si costituiscono in un Consorzio (Cav, Consorzio Ambiente Versilia), si riscontra un costante superamento dei limiti di emissione di inquinanti. Lo stesso gestore denuncia manomissioni del sistema di monitoraggio in continuo dei macroinquinanti. La magistratura pone sotto sequestro l’impianto e ne impone il fermo. Falascaia sarà riattivato nel 2009, dopo consistenti interventi migliorativi, ma funzionerà fino all’estate del 2010 quando viene nuovamente sequestrato per scarico abusivo di inquinanti nel torrente Boccatoio. Nel 2011, la Provincia di Lucca dispone l’annullamento delle concessioni. L’impianto ad oggi risulta chiuso. Le attività di coordinamento per la bonifica, gestite operativamente dalla società pubblica Ersu sotto il controllo del Consorzio Ambiente Versilia, procedono. Una prima fase di messa in sicurezza (eliminazione dei rifiuti liquidi abbandonati nella rete fognaria, cavidotti, silos e vasche di processo) è stata completata a fine 2016. Sono stati anche rimossi i rifiuti solidi abbandonati quali sostanze pericolose come la soda caustica e le acque inquinate contenute nelle vasche (circa 800mila litri). La bonifica rappresenta un primo passaggio allo smantellamento e alla rimozione. Ad oggi risulta ancora da bonificare tutta l’area in cui insiste l’inceneritore, la vecchia discarica e il terreno lato monte. Sulla discarica delle ceneri del vecchio inceneritore, messa in sicurezza e non bonificata, a tutt’oggi insiste una stazione di trasferimento di materiali, gestita da Ersu. La movimentazione con mezzi pesanti sulla collina, avviene senza alcuna struttura di protezione della linea elettrica in alta tensione delle FF.SS che corre sopra la stazione di trasferimento.
Il Consiglio regionale nell’aprile del 2017, ha approvato una
mozione (presentata dal presidente della commissione Ambiente) per aprire un tavolo di confronto e arrivare ad un pieno recupero ambientale della zona.
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