PdD
n.530
"Approvazione del "Piano regionale
di indirizzo per gli interventi educativi 2002-2004" articoli
6 e 7, L.R. 14/04/1999 n.22 "Interventi educativi per l'infanzia
e gli adolescenti"
PARERE
OBBLIGATORIO
1. Il Piano evidenzia una sua sostanziale continuità rispetto
alla programmazione del triennio precedente e adopera gli strumenti
di intervento previsti dalla normativa regionale in un quadro di
coerenza sistematica. Fatta eccezione per i P.I.R., sui quali occorrono
specifiche considerazioni, (vedi successivo punto 4), è previsto
che la gran parte delle azioni di piano siano elaborate a livello
locale attraverso una programmazione di base che trova la sua espressione
nei piani educativi comunali e soprattutto nei piani educativi zonali,
luogo di sintesi della progettualità locale. Il piano zonale
si configura quale fondamentale mezzo di attuazione della L.R. 22/99
e provvede altresì ad una qualificante e delicata opera di
integrazione e coordinamento della legge stessa con le altre normative
di settore; con la L.R. 53/81, mediante il raccordo con i progetti
integrati di area; con la legge 285/97, posto che gli interventi
educativi previsti da tale fonte trovano, come da testuale dicitura,
"naturale collocazione" nelle procedure attuative della
L.R. 22/99; con la L.R. 72/97, mediante l'individuazione di programmi
ed interventi educativi che afferiscono ai progetti integrati di
sostegno.
Nel complesso quindi si esprime un parere positivo nei confronti
del Piano valutandolo quale strumento idoneo alla forte valorizzazione
degli Enti locali nella determinazione e realizzazione delle opzioni
educative più adatte a rispondere ai bisogni e alle istanze
delle varie realtà territoriali. In questo contesto si registra
altresì positivamente l'incremento del budget assegnato alle
Zone per l'annualità 2002 rispetto allo stanziamento dell'annualità
precedente.
2.
Fermo il giudizio sostanzialmente positivo sul Piano nel suo complesso,
si formulano tuttavia quattro rilievi critici, oltre ad alcune osservazioni
di merito, sia sulla base di un raffronto con la programmazione
educativa antecedente sia sulla scorta di una verifica della strutturazione
interna del Piano stesso.
3.
L'art.7 della L.R. 22/99 prevede che il Piano di indirizzo per gli
interventi educativi sia predisposto dalla Giunta regionale assicurando
la partecipazione, anche mediante forme di concertazione, con i
soggetti istituzionali e sociali interessati, e naturalmente in
primo luogo con gli Enti locali in quanto titolari in massima misura
degli interventi di piano. A fronte di questa indefettibile prescrizione
di legge, il Piano è presentato all'approvazione consiliare
senza alcun allegato e/o riferimento che dia conto dell'avvenuto
procedimento concertativo, dei suoi contenuti e dei suoi esiti.
Il Consiglio regionale e con esso questo Consiglio delle autonomie
non possono quindi valutare né il rispetto formale né
i contenuti sostanziali di questa essenziale e qualificante modalità
partecipata di elaborazione delle scelte. Suona anzi al riguardo
assai incongruo il mero richiamo, contenuto nella delibera della
Giunta, all'articolo di legge in cui è prescritto il necessario
concorso degli Enti locali alla predisposizione del Piano.
Si ha peraltro notizia che il procedimento concertativo è
stato effettivamente svolto e ha prodotto anche esiti positivi.
Su questo aspetto si richiedono quindi chiarimenti ed informazioni.
4.
Si muove un secondo rilievo fortemente critico per quanto attiene
ai P.I.R. (Programmi di Interesse Regionale), in ordine ai quali
non solo si registra un incremento in termini sia numerici sia di
risorse riservate, rispetto al precedente periodo di programmazione,
ma si osserva inoltre come le procedure di elaborazione ed approvazione
degli stessi siano fortemente accentrate, (in tutti i casi la Regione
si fa direttamente carico della ricezione e valutazione dei progetti)
e segnino una notevole svolta rispetto alla programmazione precedente.
In particolare si rileva che due dei tre P.I.R. attivati nell'annualità
2001 prevedevano l'emanazione di bandi comunali; la presentazione
dei progetti ai Comuni stessi; la valutazione dei progetti da parte
delle Zone e la redazione da parte delle stesse di una graduatoria
di zona da trasmettere alla Regione per l'erogazione dei finanziamenti
a favore dei progetti ammissibili.
Come si vede, si è passati da una procedura fortemente partecipata
a livello locale all'assunzione di una strategia basata su una gestione
totalmente accentrata dei P.I.R. previsti dal Piano educativo 2002-2004,
in modo non adeguatamente giustificato ed in aperta contraddizione
con i principi generali sui quali si fonda la programmazione regionale,
nonché con il ruolo istituzionale proprio della Regione,
anche alla luce della riforma costituzionale del titolo V.
Si richiede pertanto che questa parte del Piano sia complessivamente
ripensata sia per quanto attiene all'estensione dei P.I.R. sia in
relazione alle loro modalità gestionali.
5.
Rispetto alle considerazioni di cui al punto precedente, e al di
là delle valutazioni di merito, si registra invece con favore
il fatto che l'erogazione dei buoni-servizio, spendibili presso
strutture educative accreditate al fine della riduzione delle liste
di attesa dei nidi di infanzia, si trasforma, da progetto sperimentale
regionale, in uno degli obiettivi specifici che la programmazione
locale è chiamata a perseguire nel triennio 2002-2004.
6.
La terza osservazione critica concerne il fatto che, contrariamente
a quanto verificatosi in occasione dell'aggiornamento del Piano
educativo per l'annualità 2001, non sono contestualmente
approvati i piani finanziari relativi alla gestione e riparto dei
fondi di cui alla L.R. 22/99 e alla legge statale 285/97. Se si
considera che le azioni educative di cui agli artt. 5, 6 e 7 della
legge statale dovrebbero trovare, secondo quanto esplicitato nel
testo in esame, la propria sede elaborativa nelle procedure di piano,
ne discende che le Zone, in assenza di adeguati riferimenti di budget,
potrebbero incontrare, almeno in una prima fase, notevoli difficoltà
nella valutazione ex ante di sostenibilità di azioni ex legge
285/97 ipoteticamente appropriate ai bisogni del territorio. La
questione assume in realtà tutt'altro aspetto ove si ritenga
che l'attivazione degli interventi educativi propri della legge
statale sia rimessa, sotto il profilo sia finanziario che procedurale,
a fonti programmatiche diverse dal piano regionale in oggetto, e
verosimilmente, (sull'ovvio presupposto di una disponibilità
di budget) ai moduli operativi del piano regionale socio-sanitario.
7.
L'ultimo rilievo critico riguarda il fatto che i progetti sperimentali
comunali recepiti a livello di zona e attuativi di quattro obiettivi
specifici individuati dal Piano (buoni servizio; protagonismo giovanile;
CIAF e premio incentivante per i servizi per la prima infanzia)
usufruiscono di un finanziamento triennale a scalare in percentuale
annuale del 20%. Si osserva con preoccupazione che questo meccanismo
non garantisce una copertura integrale dei progetti rendendo senz'altro
gravosa, dopo il primo anno, la continuazione degli interventi da
parte dei soggetti attuatori.
Più in generale si raccomanda, a questo riguardo, di riesaminare
nelle successive programmazioni la disciplina e le modalità
di finanziamento dei progetti sperimentali, atteso che il venir
meno, dopo il primo anno, del loro carattere innovativo espone i
comuni al rischio di una carente copertura finanziaria di quei progetti
che, positivamente sperimentati, si stabilizzano nel sistema, magari
contemporaneamente inducendo gli stessi comuni ad avviare nuove
attività di carattere innovativo assistite da finanziamento
regionale.
8.
Alcune considerazioni per quanto attiene ai profili di merito.
Come evidenziato nella relazione di accompagnamento al Piano, la
realtà e la domanda dei servizi per la prima infanzia in
Toscana si presenta alquanto complessa e con vasti aspetti in chiaroscuro.
Si registra con preoccupazione la difficoltà di penetrazione
culturale dei servizi di prima infanzia alternativi e complementari
al nido (Centro bambini-genitori e Centro gioco-educativo). I servizi
complementari al nido aumentano in termini assoluti ma diminuisce
il numero dei loro utenti. Le ragioni esposte non appaiono, a prima
lettura, del tutto esaustive: hanno inciso senz'altro sulla predetta
diminuzione il relativo aumento degli asili nido e il miglioramento
qualitativo dell'offerta (maggior spazio e attenzione al singolo
bambino) ma non v'è dubbio che occorra una capillare e continua
campagna di informazione, locale e regionale, che faccia conoscere
queste tipologie di servizi presso fasce di popolazione non adeguatamente
informate; così come è necessario promuovere una cultura
dei servizi per l'infanzia più flessibile che, senza mettere
in discussione il ruolo essenziale del nido di infanzia pubblico,
qualifichi come alternative credibili gli altri moduli pubblici
e privati fruibili nella Regione.
9. Si prende atto, in relazione agli obiettivi della precedente
programmazione, che la diffusione dei CIAF e dei Centri Informagiovani
sul territorio risulta in significativo aumento, così come
appare significativo il numero complessivo di strutture accreditate
e autorizzate che hanno realizzato, in una logica di continuità
educativa, soggiorni residenziali rivolti all'infanzia e agli adolescenti
nell'annualità 2001. È pertanto da giudicare positiva
e coerente la scelta del Piano di includere tra gli obiettivi prioritari
del triennio 2002-2004 l'ulteriore sviluppo e valorizzazione dei
servizi in parola. In particolare, si condivide la strategia della
Regione di assicurare, col decisivo concorso dei Comuni e delle
Province, la diffusione capillare del servizio Informagiovani, il
suo collegamento alla rete telematica regionale e la creazione di
un partenariato fra il gestore del Portale Giovani della Regione
Toscana e il Coordinamento regionale degli Informagiovani della
Toscana.
10.
Per quanto riguarda la determinazione degli indicatori per la ripartizione
delle risorse alle Zone, si ritiene che i parametri individuati
(popolazione, utenti dei servizi educativi, carenza di servizi),
pur in assenza di specifici indicatori economici quali il costo
medio dei servizi, contemperino l'esigenza di una distribuzione
delle risorse correlata alla consistenza numerica degli utenti e
l'esigenza di un riequilibrio territoriale delle opportunità
incentrato sulla diffusione dei servizi nelle realtà maggiormente
carenti.
11.
Si ritiene infine di precisare che gli emendamenti al testo originariamente
in esame, presentati dalla Giunta nel corso dei lavori di commissione,
non cambiano il giudizio complessivo sul Piano. Risulta anzi ancor
più evidente la disomogeneità dei P.I.R. rispetto
alle procedure della programmazione territoriale, imperniate sulla
necessaria emanazione di appositi bandi comunali intesi alla ricezione
e al vaglio delle istanze progettuali di base.
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