La partecipazione del Consiglio delle autonomie locali

all’iter decisionale del Consiglio regionale[1]

 

1.     Scheda di sintesi dell’attività istituzionale

Nel corso del 2002 il Consiglio delle autonomie locali ha tenuto 11 sedute oltre ad 1 seduta congiunta con il Consiglio regionale e 2 sedute dell’Ufficio di presidenza.

Il CdAL si è pronunciato 47 volte, rilasciando 44 pareri obbligatori e 3 osservazioni facoltative.

Per quanto concerne il quorum deliberativo, la quasi totalità delle pronunce è stata effettuata all’unanimità; solo 2 pronunce sono state deliberate a maggioranza con motivazione contraria di una componente istituzionale, in applicazione dell’articolo 12, comma 4 del regolamento interno; un solo parere è stato rilasciato all’unanimità con un’astensione.

Delle 47 pronunce espresse nel periodo considerato, 5 hanno avuto carattere interamente negativo, e 9, all’opposto, carattere interamente favorevole; tutte le restanti pronunce hanno condizionato il carattere favorevole del parere all’accoglimento di specifiche condizioni.

Nei pareri e nelle osservazioni rilasciate si possono individuare 139 rilievi specifici, a loro volta suddivisibili in 93 richieste di modificazioni o emendamenti e in 46 raccomandazioni generali e rivolte alla futura attività legislativa. Questa suddivisione ha, almeno in parte, carattere approssimativo in quanto, per gli atti relativi al periodo da gennaio a settembre, essa deriva da una valutazione compiuta dal Servizio di assistenza del CdAL. Successivamente a detto periodo, invece, la distinzione tra “condizioni” e “raccomandazioni” ha acquisito una espressa e formale evidenza nei pareri del CdAL ed è quindi frutto della diretta qualificazione che lo stesso CdAL attribuisce alle proprie pronunce. Sui caratteri e le motivazioni di questa nuova struttura dei pareri del CdAL vedi infra al punto 2.7.

Delle 47 proposte di legge o di deliberazione oggetto di esame da parte del CdAL, 16 non hanno ancora concluso il loro iter deliberativo; è quindi possibile verificare l’esito dei pareri espressi solo in relazione ai restanti 31 atti che sono già stati approvati dal Consiglio regionale.

In relazione ai suddetti 31 atti, i rilevi formulati dal CdAL sono pari a 94 e gli esiti ottenuti possono essere così riassunti: 38 condizioni sono state accolte; 37 condizioni non accolte; 3 raccomandazioni accolte; 11 raccomandazioni non accolte; 5 raccomandazioni non attualmente valutabili nel loro esito in quanto rivolte a comportamenti futuri.

La percentuale complessiva di successo delle pronunce del CdAL dell’anno 2002 è quindi valutabile nell’ordine del 50% e risulta pertanto pari a quella verificata nell’anno precedente.

A questi dati, che attengono alla precipua attività istituzionale del CdAL, di carattere consultivo all’interno dell’iter decisionale del Consiglio regionale, si deve ora aggiungere anche la partecipazione dello stesso CdAL alla fase di concertazione interistituzionale che si svolge presso l’apposito Tavolo a tal fine istituito presso la Giunta regionale (anche per questo aspetto, si veda il successivo punto 2.7). Infatti, con il nuovo Protocollo d’intesa regione - enti locali siglato l’11 settembre 2002, il Consiglio delle autonomie locali, tramite il suo presidente, è stato direttamente associato al suddetto tavolo di concertazione interistituzionale. Ciò ha comportato che l’attività istruttoria e di elaborazione dei pareri si è venuta ad articolare su un duplice livello, estendendosi anche agli atti di natura regolamentare di competenza esclusiva della Giunta regionale.

Nel corso dell’anno, successivamente alla firma del già menzionato protocollo d’intesa e quindi nel periodo da settembre a dicembre si sono tenute 13 sedute del Tavolo interistituzionale, con la definizione dell’intesa su 31 atti, rispetto ai quali il CdAL ha esercitato un attivo ruolo propositivo.

2.     Analisi dei pareri rilasciati dal Consiglio delle autonomie locali

L’analisi dei pareri e delle osservazioni, che costituiscono l’aspetto principale dell’attività istituzionale del CdAL, ha ad oggetto l’esame delle pronunce formulate nel corso dell’anno 2002.

La finalità del presente paragrafo è quella di evidenziare i principali temi trattati che attengono sia alle materie di rilievo costituzionale sia alle principali questioni oggetto del dibattito politico regionale.

2.1 - Riforma del titolo V della parte II della Costituzione

Questo è il tema che ha costituito il principale punto di riferimento per l’attività consultiva del CdAL stante l’evidente e fondamentale rilevanza che lo stesso presenta in ordine alle questioni dei rapporti fra gli enti locali e la regione. Si tratta di una riforma che ha tradotto a livello costituzionale tutte quelle modificazioni in senso più regionalista ed autonomista che l’ordinamento si era già dato nel corso degli ultimi anni con le riforme Bassanini ed il testo unico sull’ordinamento locale.

Un primo parere estremamente importante in cui si è tenuto conto dei nuovi principi della riforma è stato quello relativo alla proposta di risoluzione n. 18 recante il “Documento di programmazione economica e finanziaria per l’esercizio 2003” nell’esame del quale il CdAL ha in primo luogo rilevato la mancanza di un effettivo riscontro nel testo stesso della recente riforma costituzionale.

L’attuazione del nuovo titolo V della Costituzione richiede infatti una riallocazione complessiva delle funzioni e delle risorse e di conseguenza una profonda revisione della legislazione regionale in modo tale che sia rispettato il nuovo assetto di attribuzione dei poteri. Il CdAL valuta positivamente l’enunciazione dell’intenzione della regione di disciplinare, ai sensi dell’articolo 116  della Costituzione, “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” nelle materie della tutela dei beni culturali e della tutela ambientale, settori che sono sempre stati caratterizzati da un notevole accentramento di competenze.

Un’attenzione particolare dovrà invece essere rivolta al tema della fiscalità e delle risorse finanziarie nell’ottica di considerare come obiettivo prioritario l’attuazione dei principi contenuti nell’articolo 119 della Costituzione e, rimanendo sempre in questo ambito, si ritiene opportuna una verifica delle risorse effettivamente trasferite agli enti locali a fronte di funzioni già attribuite.

Anche nel parere, altrettanto importante, relativo alla Proposta di risoluzione n. 23 “Programma regionale di sviluppo 2003 – 2005” il CdAL rileva, già in fase concertativa al tavolo istituzionale e poi nel successivo parere, l’insufficienza del rilievo dato alla revisione del titolo V della Costituzione e la mancanza di ogni accenno circa la proposta presentata alla Regione Toscana dall’ANCI, dall’URPT, dall’UNCEM, e dallo stesso CdAL sulla possibilità di redazione di un programma comune per l’attuazione del titolo V della Costituzione. In particolare e nel merito desta forti perplessità il fatto che la parte dedicata alla pianificazione urbanistica, ambito in cui l’autonomia comunale ha sempre avuto un largo spazio operativo, sia proprio in questa fase oggetto di compressione, ciò in aperto contrasto con gli obiettivi perseguiti dalla riforma costituzionale e con l’attuale ordinamento regionale definito dalla legge regionale n. 5/1995.

Parere positivo è stato espresso dal CdAL in ordine alla proposta di deliberazione n. 487 avente ad oggetto il “Piano sanitario regionale per gli anni 2002 – 2004” il cui obiettivo principale è quello di riportare i comuni al centro del sistema sanitario attribuendo agli stessi il ruolo di programmazione delle attività ospedaliere e territoriali. Tale previsione appare coerente con il nuovo assetto costituzionale che ha modificato il sistema delle responsabilità in materia di assistenza sanitaria e sociale verso il livello regionale e comunale, nel rispetto del principio di sussidiarietà. I comuni vengono individuati come enti competenti ad espletare i compiti di governo delle politiche sanitarie e sociali, a svolgere un ruolo di indirizzo e di programmazione, a controllare i risultati raggiunti, ferme restando le competenze gestionali del sistema delle aziende. Un elemento rilevante è costituito dagli aspetti finanziari in quanto le modifiche costituzionali rendono possibile che, in ambito sanitario e sociale, si possa realizzare una gestione equilibrata dei vari servizi. Il CdAL sottolinea in particolare la necessità che al fine di mantenere in equilibrio il sistema sanitario regionale non si arrivi ad incidere troppo pesantemente sui bilanci dei comuni.

In un parere sostanzialmente positivo quale quello sulla proposta di deliberazione n. 681 “L.R. 34/2000 – Piano regionale dei servizi di sviluppo agricolo e rurale per l’anno 2003” il CdAL critica che la deliberazione di approvazione del Piano definisca cedevoli le norme in esso contenute e ne condizioni l’efficacia al momento in cui le province, in qualità di soggetti titolari della funzione amministrativa, emaneranno proprie disposizioni per l’esercizio delle funzioni conferite. Si puntualizza nel parere come il concetto di cedevolezza non è congruo rispetto ad un atto di indirizzo che, per propria natura, dovrebbe contenere disposizioni di coordinamento e di carattere generale. Inoltre, proprio alla luce della modifica del titolo V della Costituzione, i rapporti tra la fonte regionale e quella locale devono essere costruiti sulla base del principio del reciproco rispetto dei diversi ambiti funzionali, ne discende che gli spazi afferenti l’autonomia organizzativo-gestionale attribuita agli enti locali non possono essere invasi dalla Regione neppure con disposizioni di carattere cedevole e transitorio.

Andando ad analizzare i pareri resi in settori più specifici si ricorda quello relativo all’adeguamento della legge regionale n. 52/1999 in materia edilizia rientrando la stessa nella competenza legislativa esclusiva della regione in quanto non espressamente riservata allo Stato.

In materia di beni culturali il CdAL ha segnalato la sostanziale disarmonia delle norme contenute nella proposta di deliberazione n. 584 “Approvazione del programma pluriennale degli interventi strategici nel settore dei beni culturali” rispetto al nuovo quadro costituzionale, soprattutto in riferimento all’articolo 118 della Costituzione, in quanto non è chiara quale sia la motivazione per cui la Regione continui a mantenere una funzione amministrativa specifica in questo settore, accentrando la competenza, soluzione che viene ammessa soltanto in presenza di specifiche esigenze che richiedano un esercizio unitario della funzione.

Anche nella proposta di legge n. 183 “Istituzione del libretto della casa e della anagrafe funzionale dei fabbricati” il CdAL rileva come l’analitica disciplina sulle modalità di svolgimento della funzione attribuita ai comuni per quanto concerne il rimborso delle spese relative al rilascio e alla tenuta del libretto di fabbricato, inevitabilmente contrasta con l’articolo 117, comma sesto, laddove espressamente si prevede che devono essere i comuni a disciplinare l’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni loro attribuite. Nello stesso parere il CdAL disapprova l’intestazione in capo alla regione di una funzione sicuramente amministrativa qual è quella sanzionatoria, ciò perché in aperto contrasto con i principi sanciti dall’articolo 118 della Costituzione.

Il CdAL ha espresso parere favorevole in ordine alla proposta di legge n. 176 avente ad oggetto la “Disciplina del sostegno e della promozione dei piccoli comuni montani” in considerazione del fatto che la riforma costituzionale comporta l’assoluta esigenza di operare il potenziamento delle forme associate di gestione delle funzioni nonché delle risorse finanziarie per garantire agli utenti l’adeguatezza dei servizi.

Infine un altro importante parere è stato quello relativo alla proposta di legge n. 182 di “Modifiche alla legge forestale n. 39 del 2000” nel quale il CdAL in primo luogo ha evidenziato il proprio favore circa il fatto che si procedesse ad un generale riordino delle competenze e delle funzioni amministrative che sono esercitate, salve diverse disposizioni, dalle comunità montane nei territori di competenza e dalle province sulle restanti zone. Questa innovazione risulta coerente con il nuovo assetto delle competenze fra enti in quanto determina una riallocazione delle stesse sulla base del principio della migliore adeguatezza funzionale. Appare invece non rispondente ai nuovi principi costituzionali il regime dei rapporti fra il regolamento forestale regionale e quelli provinciali. Ai sensi dell’articolo 117, comma 6, della Costituzione infatti è rimessa all’autonomia regolamentare degli enti locali la disciplina dell’organizzazione e delle funzioni agli stessi spettanti. La proposta di legge attribuisce allo stesso regolamento regionale la potestà di stabilire quali disposizioni siano da ritenere inderogabili per gli enti locali e quali invece possano essere da questi derogate mediante l’adozione di propri atti regolamentari. Questa previsione viene così a configurarsi come fortemente invasiva delle attribuzioni degli enti locali.

Per concludere sulla questione dell’incidenza della riforma costituzionale si sottolinea il fatto che il CdAL ha più volte espresso nei propri pareri la necessità che la Regione Toscana compia una generale revisione delle normative regionali attualmente vigenti per verificarne il grado di rispondenza al nuovo assetto costituzionale. In questa ottica in particolare il Presidente del CdAL, unitamente alle associazioni degli enti locali, ha provveduto ad elaborare un documento, sottoposto all’attenzione della Giunta regionale, contenente il programma per la realizzazione di un’azione comune per la piena e completa attuazione delle norme contenute nel titolo V parte II della Costituzione.

2.2 - La potestà regolamentare

A seguito della riforma costituzionale il nuovo ambito di operatività della potestà regolamentare, come già accennato, è definito nell’articolo 117, comma 6, della Costituzione secondo il quale la stessa spetta alle Regioni nelle materie che rientrano nella competenza legislativa concorrente, in quelle residuali di legislazione esclusiva ed infine nelle materie di legislazione esclusiva statale ma per le quali lo Stato ne abbia delegato l’esercizio alle regioni. Si precisa poi che la potestà regolamentare spetta ai comuni, alle province ed alle città metropolitane in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Un importante parere in cui il CdAL ha evidenziato una serie di problematiche in relazione all’esercizio della potestà regolamentare da parte della Regione è quello attinente alla proposta di legge n. 162 “Testo unico in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale ed occupazione”. In primo luogo infatti si è osservato che l’attribuzione ad un regolamento di Giunta regionale della disciplina sostanziale della quasi totalità delle materie oggetto del testo unico, di fatto incide sull’attività del CdAL, andando ad escluderne l’intervento su un complesso di settori estremamente significativo e direttamente incidente sulle competenze proprie degli enti locali. I rapporti fra il regolamento regionale e quelli degli enti locali vengono risolti dalla proposta di legge sulla base del principio della cedevolezza secondo il quale le disposizioni del regolamento regionale non dichiarate dallo stesso inderogabili potranno essere oggetto di deroga da parte dei regolamenti locali. Una tale previsione normativa fa sorgere tutta una serie di dubbi di legittimità e non garantisce agli enti locali il rispetto sostanziale della propria sfera di competenza. Sulla base delle suddette considerazioni il CdAL ha pronunciato un parere negativo.

Rilievi analoghi sono stati formulati dal CdAL nel parere avente ad oggetto le modifiche alla legge forestale n. 39 del 2000. Anche in questo caso l’attenzione si è rivolta alla configurazione e disciplina del regolamento regionale ed alla critica verso un’impostazione che prevede l’introduzione nell’ambito di competenza locale di norme regolamentari regionali che hanno sì carattere provvisorio e cedevole ma che, intervenendo in via preventiva, sono comunque tali da creare una situazione di fatto difficilmente modificabile da un successivo regolamento locale.

Nel parere relativo alla proposta di legge n. 154 “Norme per la disciplina del commercio su aree pubbliche” il CdAL ha posto l’attenzione sull’aspetto del rapporto fra norme di legge e regolamentazione locale che richiede una particolare attenzione stante il nuovo assetto delle competenze fra gli enti territoriali ed in particolare ha sottolineato con favore la previsione secondo la quale ai fini dell’adozione del regolamento regionale di attuazione sia acquisito il parere obbligatorio dei rappresentanti degli enti locali nonché il fatto che le norme dello stesso regolamento regionale siano di carattere cedevole rispetto all’emanazione di disposizioni diverse da parte dei regolamenti comunali. Il tema è tuttavia affrontato in questo parere, che è intervenuto molto a ridosso della riforma costituzionale, con elementi di incertezza e minore definizione rispetto a quanto successivamente elaborato.

2.3 - La forma di governo

Nell’affrontare la questione in oggetto è necessario prendere la mosse dalla considerazione che la legge costituzionale n. 1 del 1999 aveva modificato l’articolo 121 della Costituzione recante l’indicazione degli organi regionali e delle loro funzioni nel senso di attribuire al Consiglio regionale la funzione legislativa e le altre potestà conferite dalla Costituzione e dalle leggi. Era quindi stata eliminata, in ordine al profilo soggettivo, l’attribuzione al Consiglio regionale della potestà di emanazione degli atti regolamentari ed il conseguente conferimento all’autonomia statutaria della determinazione dell’organo cui spetta l’esercizio di tale potere. Essendo stato eliminato qualsiasi riferimento alla potestà regolamentare, in precedenza espressamente attribuito allo stesso Consiglio regionale, tale funzione potrà, dai nuovi Statuti regionali in corso di elaborazione, essere conferita alla Giunta regionale.

La situazione che di fatto si è venuta a creare nella Regione Toscana vede la Giunta regionale quale organo che sta effettuando un notevole ricorso a tale funzione così creando una serie di limitazioni all’attività istituzionale del CdAL che, in quanto organismo costituito all’interno del Consiglio regionale, non può esercitare la propria funzione consultiva rispetto agli atti regolamentari dell’esecutivo.

Facendo ancora riferimento al parere espresso sul Testo unico in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale ed occupazione, il CdAL ha evidenziato il fatto che la delegificazione attuata in un insieme di materie estremamente rilevanti, con l’attribuzione ad un regolamento da emanarsi da parte della Giunta regionale della specifica disciplina, va ad incidere in maniera marcata sulla forma di governo regionale. Considerando però l’acquisita natura di organismo di rilievo costituzionale da parte del Consiglio delle autonomie locali ex articolo 123 della Costituzione, lo stesso sottolinea con forza che in un assetto definitivo dell’esercizio della potestà, tutti i regolamenti regionali che siano direttamente attinenti alle competenze degli enti locali, dovranno essere oggetto dell’esame e del parere del CdAL stesso.

Un parere negativo è stato espresso dal CdAL sulla proposta di legge n. 148 di “Modifica della legge regionale n. 54 del 2000 in materia di impianti di radiocomunicazione” in quanto la stessa, prevedendo l’attribuzione delle funzioni generali di indirizzo alla Giunta regionale anziché al Consiglio regionale, attua uno spostamento delle competenze tale da impedire al CdAL di intervenire su tali atti.

Analogo giudizio è stato espresso in ordine alla proposta di deliberazione n. 623 avente ad oggetto il “Piano di indirizzo per il diritto allo studio e l’educazione permanente – Aggiornamento ed integrazione per gli anni 2002 e 2003” nel quale il CdAL ha osservato che l’atto in esame, avendo natura amministrativa, non può attribuire competenze in difformità a quanto definito dalla legge prevedendo espressamente che spetti alla Giunta regionale predisporre ed approvare una proposta di atto di programmazione annuale per lo sviluppo della rete scolastica regionale. Questa disposizione infatti va a porsi in contrasto con la norma, contenuta nella legge regionale n. 85/1998, che attribuisce al Consiglio regionale l’esercizio delle funzioni di indirizzo e di programmazione mentre le altre, ove non disposto diversamente dallo Statuto o da altri atti legislativi, sono esercitate dalla Giunta regionale. Non risulta poi assolutamente sufficiente a salvaguardare il ruolo del Consiglio regionale la previsione che alla commissione consiliare sia fatta comunicazione da parte della Giunta regionale dell’atto definitivo. In questo modo inoltre, come già più volte ribadito, risulterebbe penalizzata anche la funzione del CdAL stesso.

Anche il parere in merito alla proposta di deliberazione n. 602 “Individuazione delle risorse da trasferire dalle Amministrazione provinciali alle comunità montane per funzioni conferite in materia di agricoltura” registra un’osservazione critica del CdAL in quanto la stessa, stabilendo che il Consiglio regionale demandi alla Giunta regionale la definizione dei criteri di riparto dello stanziamento complessivo fra le comunità montane per le relative assegnazioni, disciplina una sorta di mandato di dubbia legittimità sostanziandosi in una autentica delega in bianco che va a modificare l’assetto delle competenze in materia fra gli organi regionali e che preclude allo stesso CdAL la possibilità di intervenire su una tipologia di atto che è concretamente produttivo di effetti nei confronti degli enti locali.

In conclusione si può affermare che la previsione delle attribuzioni degli organi regionali così come contenuta nell’articolo 121 della Costituzione è assai generica e foriera di situazioni di incertezza per cui nella definizione della forma di governo che, dall’articolo 123 della Costituzione, è rimessa all’autonomia delle singole regioni che vi stanno provvedendo con la stesura dei nuovi Statuti, il CdAL auspica che si tenga conto della parità di rilevanza costituzionale che è stata ormai conferita al sistema delle autonomie locali rispetto alle regioni e del rilievo costituzionale riconosciuto allo stesso CdAL.

2.4 - La programmazione regionale

In un considerevole numero di pareri il CdAL ha affrontato la tematica della programmazione regionale e del rispetto, nell’elaborazione del testo della proposta di legge o di deliberazione, dei principi sanciti nella legge regionale n. 49 del 1999 che, nel suo complesso, appare confermare la propria validità anche alla luce della sopravvenuta riforma del titolo V della Costituzione, in quanto ispirata ad una logica di sistema delle autonomie nel quale trova adeguato spazio il ruolo della programmazione locale.

Esaminando i pareri in cui è stato affrontato l’argomento della programmazione, si segnala innanzitutto quello relativo alla proposta di deliberazione n. 487 avente ad oggetto il già più volte citato “Piano sanitario regionale” in cui il CdAL riconosce la necessità che i comuni manifestino un forte impegno attraverso la predisposizione dei Piani integrati di salute per riaffermare il ruolo del governo locale nella definizione delle politiche sanitarie. Questo in considerazione del fatto che la proposta di Piano afferma la centralità del territorio e tende a riportare i comuni al centro del sistema salute. Il Piano regionale assegna ai comuni, attraverso le conferenze dei sindaci, il ruolo di programmazione delle attività ospedaliere e territoriali. Il CdAL rileva poi che la proposta di Piano sanitario regionale si pone in coerenza con il nuovo assetto costituzionale e traccia una ridistribuzione delle responsabilità fra regione e comuni che appare sicuramente condivisibile come pure la valorizzazione della programmazione di area vasta.

Ad eccezione del suddetto parere, in molti altri casi in cui la proposta è stata analizzata sotto questo profilo si è dovuto lamentare la non rispondenza, in termini più o meno marcati, ai principi della legge n. 49 del 1999.

Ciò è stato evidenziato dal CdAL nella proposta di deliberazione n. 623 recante il “Piano di indirizzo per il diritto allo studio e l’educazione permanente: aggiornamento ed integrazioni per gli anni 2002 e 2003” dove si rileva che ancora una volta non è stato attuato il rinvio alla programmazione locale che invece dovrebbe costituire uno snodo essenziale sia per la definizione degli strumenti programmatici regionali e sia per la concreta attuazione degli stessi. Nel testo in esame infatti il raccordo fra la programmazione regionale e quella locale è affidato ad un generico richiamo alle “competenze attribuite in materia agli enti locali”.

La proposta di legge n. 162 “Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, ordinamento, formazione professionale e occupazione” non contiene alcuna previsione circa la programmazione locale nonostante questa costituisca un momento essenziale sia per la definizione degli strumenti programmatici regionali e sia per la loro concreta attuazione. Anche se è vero che il piano di indirizzo generale integrato, disciplinato nella proposta di legge, assume come punto di riferimento il piano regionale di sviluppo e gli aggiornamenti annuali apportati allo stesso mediante il documento di programmazione economica e finanziaria, non prescrive tuttavia il coinvolgimento degli enti locali nella procedura di approvazione. Il fatto di aver introdotto nella proposta di legge il generico richiamo alla legge regionale n. 49/1999 ed aver enunciato che le province concorrono alla definizione degli indirizzi e degli obiettivi della programmazione regionale, senza averne però definito le modalità e gli strumenti, non può in alcun modo apparire sufficiente a garantire il coinvolgimento degli enti locali.

Per quanto riguarda il Programma regionale di sviluppo 2003 – 2005, nonostante il CdAL dia atto nel proprio parere di un riscontro almeno in parte positivo delle considerazioni espresse in fase concertativa in materia di programmazione di area vasta, non si esime poi dal sottolineare le carenze del PRS per quanto riguarda la salvaguardia delle competenze e la previsione di un coinvolgimento degli enti locali in materia di programmazione.

Il tema della programmazione è affrontato anche in merito alla proposta di deliberazione n. 624 relativa all’”Approvazione del Piano integrato sociale regionale anni 2002 – 2004” in cui appare molto debole tutta la parte che riguarda la programmazione territoriale in ordine alle modalità della concertazione. Il Piano in oggetto non detta linee di orientamento finalizzate all’individuazione di livelli di responsabilità e di forme di coordinamento fra le strutture organizzative presenti sul territorio ed inoltre la distinzione fra programmazione di governo e programmazione partecipata non risulta del tutto chiarita. Vengono introdotti in maniera generica, al di fuori cioè di un contesto di concertazione e di programmazione territoriale, astratti obiettivi di sviluppo dei servizi. 

Da questo resoconto che ha toccato proposte attinenti a materie diverse si può ricavare che ad oggi, nonostante la presenza nella normativa regionale di una legge che detta disposizioni di carattere generale in tema di programmazione definendo le modalità di redazione e di approvazione dei principali atti di governo della regione (PRS, DPEF, Bilancio) nonché dei vari piani e programmi, sono operative normative specifiche ognuna delle quali disciplina in maniera autonoma la programmazione di settore, spesso in modo difforme dai principi generali sopra richiamati.

Tutta la normativa settoriale in tema di programmazione costituirà quindi uno dei campi di verifica e di intervento più rilevanti ai fini dell’attuazione del titolo V della Costituzione in Toscana.

2.5 - Risorse finanziarie

Altro tema di grande importanza che è stato trattato dal CdAL nella maggior parte dei pareri resi riguarda la ripartizione delle risorse finanziarie a fronte prima del già intervenuto conferimento di nuove funzioni agli enti locali sulla base delle leggi Bassanini e poi della riforma costituzionale.

In particolare nel parere relativo alla proposta di deliberazione n. 624 avente ad oggetto “Approvazione del Piano integrato sociale regionale anni 2002 – 2004” il CdAL, ha rilevato che il Piano prefigura l’attuazione di appositi progetti per il sostegno e la riqualificazione degli operatori domiciliari nonché per la determinazione di un sistema di provvidenze volto a sostenere la formazione dei nuclei familiari e di natalità, ritiene che la previsione secondo la quale i citati progetti siano realizzati mediante forme di partenariato con gli enti locali e le aziende USL, aperte all’eventuale contributo del terzo settore, sia accettabile solo a condizione che le risorse a ciò destinate abbiano esclusivo carattere aggiuntivo rispetto alla quota del fondo sanitario assegnata ai comuni ed alle zone. In difetto dell’accoglimento di tale osservazione si verificherebbe una compressione delle competenze locali.

Il CdAL esprime parere favorevole sulla proposta di legge n. 208 “Bilancio di previsione per l’esercizio 2003 e bilancio pluriennale 2003 – 2005” dando atto che la proposta di bilancio di previsione 2003 conferma le poste e i finanziamenti dello scorso anno sul versante delle competenze riguardanti le materie assegnate agli enti locali ed i settori d’investimento che maggiormente interessano gli enti locali e che è stato raddoppiato rispetto allo scorso anno il finanziamento della legge regionale 40/2001 per l’incentivazione delle forme associative tra i comuni. Tuttavia il CdAL raccomanda che sia considerata l’opportunità di garantire una maggiore attenzione verso i comuni montani mediante l’incremento dei fondi per la forestazione e per la montagna.

Osservazione prudente quella del CdAL in merito alla proposta di delibera n. 693 “L.R. 72/2000 – Piano regionale per la promozione della cultura e della pratica delle attività motorie-ricreative e sportive per il triennio 2001-2003 – Modificazioni”; il Consiglio delle autonomie, infatti, esprime perplessità in ordine all’estensione a tutti gli enti locali della Toscana della possibilità di beneficiare dei contributi in conto capitale se non accompagnata da un congruo incremento della dotazione finanziaria. In mancanza della destinazione di ulteriori risorse si rischierebbe, evidenzia il CdAL, la penalizzazione dei comuni di minori dimensioni, fino ad ora unici beneficiari di detti finanziamenti.

Negativo invece il parere del CdAL sulla proposta di legge 207 “Norme in materia di bonifica”; in particolare per l’aspetto che qui interessa si rileva la scarsa utilità di una definizione più particolareggiata del contributo consortile operata dalla Proposta di legge in esame, in quanto, nell’ottica dell’eliminazione della doppia contribuzione, sarebbe auspicabile una più efficace disciplina dei presupposti necessari per l’applicazione del contributo stesso. Inoltre si sottolinea come l’introduzione della categoria dei consorzi non obbligatori (quelli costituiti successivamente all’entrata in vigore della legge regionale 34/1994) pone problemi circa l’equilibrio finanziario dei consorzi stessi in conseguenza dell’eventuale esercizio del diritto di recesso da parte dei consorziati.

Con la proposta di legge n. 705 “Modifiche alla deliberazione di C.R. n. 283/2000 – Piano regionale dello sviluppo economico – per l’utilizzo e le ripartizioni delle risorse di cui al comma 2 dell’articolo 6 della legge 29 marzo 2001 n. 135” si rende operativo il fondo di cofinanziamento dell’offerta turistica così da consentire un potenziamento degli strumenti finanziari volti alle iniziative di sviluppo del settore turistico. La proposta di legge in esame è oggetto di un positivo apprezzamento da parte del CdAL che, tuttavia, ribadisce il giudizio negativo espresso sul Piano regionale dello sviluppo economico nel sua complessità.

2.6 - Contenuto propositivo dei pareri

Un elemento che costituisce uno degli aspetti di maggiore interesse e novità nell’attività consultiva del CdAL e che segna un passo avanti nell’attività di redazione dei pareri attiene al ruolo propositivo e di segnalazione di soluzioni legislative alternative assunto dagli stessi. In alcuni casi, che di seguito andremo ad esaminare, infatti il CdAL non si è limitato a compiere l’esame del testo sulla base del rispetto delle prerogative degli enti locali, formulando richieste di emendamento o osservazioni, ma è andato al di là fornendo alle commissioni consiliari competenti per materia precise indicazioni e suggerimenti su come impostare la disciplina di un determinato settore.

L’esempio più importante in questo senso si può ritrovare nella parere reso in riferimento alla proposta di legge n. 119 contenente “Norme in materia di informazione e comunicazione. Disciplina del Comitato regionale delle comunicazioni” in cui il CdAL, osservando che la proposta stessa era costituita da elementi troppo limitati e parziali, ha provveduto ad elaborare una scheda costruita per punti relativi a principi specifici, con l’auspicio che la stessa venisse attentamente valutata per le necessarie integrazioni alla proposta. I singoli punti evidenziati attengono in primo luogo a profili di carattere generale quali la finalità della comunicazione pubblica, l’introduzione del concetto della “comunicazione a due vie”, la previsione di piani di comunicazione per leggi, regolamenti e programmi di intervento, il rispetto del criterio della chiarezza delle leggi per quanto riguarda l’aspetto della scrittura, la disciplina e programmazione dell’attività di comunicazione attraverso l’adozione di un piano annuale, l’introduzione dell’obbligo della valutazione per il monitoraggio dei risultati della comunicazione, la promozione di attività per la realizzazione di sondaggi e ricerche al fine di conoscere gli orientamenti dell’opinione pubblica nelle forme della “customer satisfaction”, la qualificazione degli strumenti di ascolto. Nella seconda parte del parere il CdAL ha indicato, in relazione al sostegno all’attività di comunicazione degli enti locali, i principali obiettivi che la legge regionale dovrebbe porsi e che sono costituiti dal sostegno alle attività di formazione del personale addetto ai servizi di informazione e di comunicazione, dall’attenzione da rivolgere alle competenze professionali degli addetti della pubblica amministrazione alle relazioni con il pubblico, dal concorso alla costruzione ed al funzionamento dei servizi di comunicazione della pubblica amministrazione locale, dalla promozione di forme associative fra gli enti locali e della costituzione delle reti di servizi della pubblica amministrazione ed infine dal sostegno all’attività editoriale degli enti locali, in particolare dei comuni quali enti più vicini ai cittadini.

Un analogo contenuto propositivo si può rinvenire anche nel parere relativo alla proposta di legge n. 182 “Modifiche alla legge regionale n. 39/2000 – legge forestale” nel quale, in merito alla questione della potestà regolamentare regionale e locale, il CdAL ha rilevato un contrasto con i principi del Titolo V della Costituzione e pertanto ha provveduto a formulare un’ipotesi alternativa di disciplina. Anziché infatti introdurre delle norme regolamentari a carattere provvisorio e cedevole, comunque invasive delle competenze degli enti locali, è stata suggerita la fissazione di un termine entro il quale deve essere adottato il regolamento locale, con la previsione che, solo in caso di mancato rispetto del suddetto termine, possa trovare applicazione il regolamento tipo regionale con il quale viene assicurata l’unitarietà ed il funzionamento del sistema fino all’effettiva emanazione del regolamento locale.

Infine anche nel parere reso sulla proposta di legge n. 181 recante “Modifiche alla legge regionale n. 25/1998 (norme per la gestione dei rifiuti) e alla legge regionale n. 60/1996 (disposizioni per l’applicazione del tributo speciale in discarica)” il CdAL ha prospettato un’ipotesi di impostazione diversa della disciplina che preveda il sorgere dell’obbligo del pagamento del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi urbani da parte dei comuni in relazione alle percentuali di raccolta differenziata raggiunte a livello di ambito territoriale ottimale e non di singolo comune.

2.7 - Procedimento istruttorio per l’elaborazione dei pareri

L’istruttoria procedimentale per la stesura del parere è diventata una fase molto complessa in cui si sono notevolmente intensificati i rapporti del CdAL, sia al proprio interno, sia con specifici rappresentanti degli enti locali che risultano esperti nella materia cui afferisce l’atto all’esame del Consiglio delle autonomie. Nell’ultimo anno un segnale di un sempre maggiore coinvolgimento diretto degli enti nella stesura del parere è rappresentato anche dal “forum di consultazione” inserito all’interno del sito del Consiglio delle autonomie locali, tramite il quale gli enti possono fornire indicazioni, segnalazioni e suggerimenti utili per l’analisi della proposta e la conseguente redazione del testo del parere.

Allo stesso modo sempre maggiore è stato il dialogo e il confronto con gli organi regionali. In particolare per quanto attiene ai rapporti del CdAL con il Consiglio regionale occorre segnalare l’intensificazione dei contatti e degli incontri (formali ed informali) con le commissioni consiliari prima e dopo l’approvazione del parere.

Un punto di svolta da segnalare concerne la procedura applicata dalle Commissioni per l’esame dei pareri del CdAL.

In base all’art. 46 quater del regolamento interno del Consiglio regionale, la commissione consiliare competente ha l’obbligo di pronunciarsi espressamente sulle diverse osservazioni oggetto del parere del CdAL e di riferirle poi all’aula. Non vi era tuttavia fino ad oggi nessuna previsione circa la comunicazione al CdAL dell’esito del parere; infatti, come già si è detto, l’analisi sull’esito dei pareri che segue questo capitolo è frutto di una elaborazione interna dello stesso CdAL, sulla base di un raffronto della proposta di legge o di deliberazione con il testo definitivo approvato dal Consiglio regionale o mediante contatti informali con le commissioni consiliari competenti.

Da tempo ormai il CdAL aveva sollecitato l’attenzione sul punto chiedendo una maggiore definizione dei rapporti istituzionali.

Nel mese di ottobre 2002 è stata raggiunta un’intesa fra il Consiglio delle autonomie locali e i presidenti delle commissioni consiliari per la quale le commissioni si sono impegnate, da ora in poi, ad allegare al proprio messaggio all’aula una specifica nota che riassuma i motivi e le valutazioni espresse in ordine al parere rilasciato dal CdAL.

A fronte di ciò, il Consiglio delle autonomie è stato sollecitato, e in questo senso si è già attivato, a strutturare in modo diverso i propri pareri conferendo loro un’articolazione di tipo deliberativo. Per questo motivo gli ultimi pareri rilasciati dal Consiglio delle autonomie constano di una premessa in fatto, utile per una maggiore comprensione del parere da parte degli amministratori locali; una parte motiva, contenente le considerazioni e le analisi politico-istituzionali poste a fondamento del giudizio del CdAL; il parere in senso stretto, con indicazione, se del caso, delle specifiche condizioni il cui accoglimento rende favorevole il parere espresso; eventuali raccomandazioni, cioè ulteriori elementi che, a titolo collaborativo, il CdAL ritiene opportuno sottoporre alla commissione e dei quali auspica un accoglimento ma che non incidono direttamente sul giudizio espresso.

Sempre nella stessa direzione, anche i rapporti tra il Consiglio delle autonomie e la Giunta regionale: nell’ultimo anno si sono intensificati, attraverso contatti con il presidente ed i singoli assessori ed anche mediante la presentazione al CdAL di rapporti e relazioni sia quando esse sono dirette anche al Consiglio regionale, sia in modo autonomo.

Un elemento significativo che ha caratterizzato l’attività istituzionale del CdAL di quest’anno e in cui si concretizza anche un concreto segnale di apertura al dialogo e al confronto da parte della Giunta regionale, è dato dalla partecipazione alle sedute per l’approvazione dei pareri di alcuni assessori che hanno illustrato ed esposto i principi contenuti nei più importanti atti di pianificazione e di programmazione in fase di approvazione. In particolare si ricordano l’intervento dell’assessore Enrico Rossi in merito alla proposta di Piano sanitario regionale, dell’assessore Riccardo Conti sul Programma degli investimenti per la viabilità di interesse regionale per gli anni 2002 – 2007, dell’assessore Paolo Benesperi sul testo unico in materia di educazione, istruzione, formazione professionale ed occupazione, dell’assessore Marco Montemagni sul PRS.

Infine resta da affrontare un ultimo e importante elemento di novità concernente il rinnovato ruolo del Presidente del CdAL all’interno del tavolo di concertazione istituzionale.

L’11.09.2002 è stato siglato un nuovo Protocollo d’intesa Giunta regionale – enti locali volto a definire l’oggetto e le modalità di svolgimento della concertazione interistituzionale. Al tavolo di concertazione partecipano la Giunta regionale nelle persone del Presidente e dell’Assessore ai rapporti con gli enti locali, le rappresentanze regionali di ANCI, UNCEM, URPT e il presidente del Consiglio delle autonomie locali (che finora era soltanto invitato a partecipare). Il presidente del CdAL partecipa al tavolo con lo scopo di esercitare un’opportuna forma di raccordo tra il dibattito in sede di concertazione e la fase successiva di deliberazione del parere all’interno del Consiglio delle autonomie; tuttavia il presidente del CdAL non sottoscrive le intese definite al tavolo di concertazione, questo per garantire la totale autonomia e libertà di espressione del CdAL.

Questo raccordo consente di valutare l’effettività della fase concertativa effettuata.

Si può ricordare come atti importanti quali ad esempio il “Piano sanitario regionale 2002-2004” sono il frutto di una fase di dibattito estesa a tutta la società toscana, ed in particolare agli enti locali, fase iniziata molti mesi prima con la messa a disposizione da parte della Regione Toscana di materiali preparatori; il parere del Consiglio delle autonomie locali risente inevitabilmente di questa apertura al dialogo e al dibattito della fase preparatoria e, sempre più frequentemente, esprime apprezzamento sulla metodologia di lavoro usata dalla Regione. Un altro esempio dove il metodo di lavoro descritto è stato applicato e ha dato esiti molto positivi può essere riscontrato nell’approvazione dell’atto di prima attuazione della legge regionale della Toscana n. 82/2000 finalizzata al trasferimento delle funzioni e delle risorse dalle province alle comunità montane in materia di agricoltura.

        Si sono altre volte verificate ipotesi opposte, in cui la concertazione non è stata posta in essere a causa di tempi stretti o di scadenze imminenti a cui fare fronte. In altri casi la concertazione non ha dato gli esiti sperati e addirittura alcuni indirizzi concordati sono stati poi sostanzialmente disattesi. Questo è quanto avvenuto, per esempio, in materia di rifiuti con la proposta di legge 181 dove le osservazioni presentate al tavolo interistituzionale di concertazione dal rappresentante dell’URPT sono state solo parzialmente recepite nella stesura definitiva dell’atto; il parere del CdAL è critico sul punto. Sempre critico è il Consiglio delle autonomie nel parere sul “documento di programmazione economica e finanziaria per l’esercizio 2003” su cui è stata, in effetti, posta in essere una concertazione sia con le forze economiche e sociali, sia con i rappresentati del sistema degli enti locali ma il CdAL sottolinea l’inadeguatezza della sede che ha visto gli enti locali chiamati ad esprimere le proprie osservazioni insieme a soggetti portatori di interessi settoriali o categoriali. Il CdAL evidenzia come al sistema degli enti locali deve essere assicurato uno spazio di confronto con la Regione sempre all’interno del tavolo interistituzionale ma in una fase precedente a quella del tavolo generale di concertazione. Questo tipo di osservazioni ha trovato riscontro nella stesura del nuovo protocollo d’intesa, ne discende che problematiche come quella descritta sono ormai avviate verso una soluzione.

3.     Verifica dell’esito dei pareri

In questo paragrafo si procederà ad illustrare una sintesi sul riscontro ottenuto dai pareri del Consiglio delle autonomie nelle determinazioni finali della Regione. Si tenga presente che non tutti gli atti oggetto di analisi nella parte precedente hanno concluso il loro iter procedimentale, per questo motivo alcuni degli atti menzionati in quella sede non verranno ora ripresi in esame.

Da un punto di vista generale il ruolo assunto dal CdAL nel panorama politico-istituzionale è senz’altro più forte e questo anche in considerazione della modifica del titolo V della Costituzione. L’importanza del ruolo assunto dal Consiglio delle autonomie si concretizza in un impatto maggiore delle posizioni assunte e delle osservazioni espresse dallo stesso, oltre che in una maggiore capacità di interloquire ed interagire con gli organismi rappresentativi della regione.

3.1 - L’attuazione della riforma costituzionale del titolo V della Costituzione

In sintesi si può affermare che sull’attuazione della modifica costituzionale in Toscana si sia fin da subito instaurato un ampio dibattito che ha visto gli enti locali e il Consiglio delle autonomie protagonisti; questo fa sì che ci siano tutte le premesse per una costruttiva collaborazione e per una seria rispondenza nell’attuazione della riforma; tuttavia, ad oggi, il cerchio non è chiuso ed è necessario prendere atto che manca un riscontro normativo concreto dei principi cardine della riforma nei singoli settori oggetto di legislazione.

        Peraltro, proprio su questi aspetti è avviato un confronto fra Regione ed enti locali per definire gli indirizzi generali e le modalità per un processo concordato di attuazione del titolo V della Costituzione in Toscana, al cui interno si collochi anche una fase di ampia revisione ed innovazione delle normative regionali. Allo stato attuale, tuttavia, l’esito dei pareri del CdAL più direttamente attinenti a questo profilo non può dirsi soddisfacente.

A partire dal parere sul DPEF per il 2003 il CdAL rileva la mancanza di un serio riscontro della riforma attuata con la riscrittura del titolo V della Costituzione e sottolinea come sarebbe stato necessario procedere ad una riallocazione complessiva delle funzioni e delle risorse e ad una profonda revisione dell’attuale legislazione regionale e delle connesse procedure di programmazione settoriale; tuttavia nessuna risposta a queste osservazioni è stata data dalla Regione e nessun riscontro si ha nel testo definitivo del DPEF.

Miglior esito, almeno in parte, si è avuto riguardo alle stesse considerazioni di cui sopra espresse dal CdAL nel parere sul Programma regionale di sviluppo 2003-2005. In questo caso si è infatti avuto un riscontro almeno parziale alle osservazioni, ravvisabile nei criteri guida (approvati con atto separato rispetto al PRS) per l’elaborazione dei piani e dei programmi regionali di attuazione del PRS stesso. In detto atto sono richiamati, in conformità all’operata riforma costituzionale, i principi della cooperazione responsabile e fondata su soggetti autonomi, della sussidiarietà verticale e orizzontale e del pluralismo istituzionale paritario.

Negativo e critico il parere e sostanzialmente senza esito per i profili attinenti alla tematica in esame le osservazioni espresse dal CdAL anche sul Testo unico in materia di educazione e formazione professionale dove, in primo luogo, si era criticato il fatto di demandare in forma eccessivamente ampia ad un regolamento di Giunta regionale la disciplina di una serie di fondamentali profili istituzionali; in secondo luogo, in contrasto con i principi generali in materia di ripartizione delle competenze, si attribuisce alla Regione la definizione degli ambiti territoriali di riferimento per l’offerta integrata fra istruzione, educazione e formazione la cui definizione doveva essere il risultato di una procedura concertativa alla quale il Testo unico non fa alcun riferimento; e, infine, sono istituite tre Aziende regionali per il diritto allo studio senza fare alcuna menzione di quale sia l’interesse unitario di carattere regionale che possa giustificare una deroga al principio costituzionale di attribuzione di tutte le funzioni amministrative ai comuni.

Occorre ricordare che all’approvazione di questo Testo unico ha fatto seguito un intenso lavoro in sede concertativa volto alla definizione del Regolamento attuativo, lavoro che, dopo un confronto molto serrato ha avuto esito positivo, con un’intesa regione-enti locali su un testo regolamentare sostanzialmente rispettoso dell’autonomia locale.

Si arriva poi a dei casi limite in cui si è riscontrato addirittura un riaccentramento di competenze in capo alla Regione. E’ questo il caso del Piano sugli interventi educativi per l’infanzia e l’adolescenza in cui le procedure di elaborazione ed approvazione dei PIR (Programmi di interesse regionale) passano da essere fortemente partecipate a livello locale ad una gestione regionale totalmente accentrata; ciò avviene senza una adeguata giustificazione e in aperta contraddizione con i principi generali risultanti dalla riforma del titolo V della Costituzione e sui quali si fonda la programmazione regionale in Toscana.

        Anche in settori più specifici quale quello della gestione e del controllo del potenziale viticolo, il CdAL evidenzia, senza avere avuto poi nessun riscontro nel testo definitivo della proposta di legge, come contrasti con la nuova formulazione del titolo V della Costituzione il mantenere in capo alla Giunta regionale il potere di emanare direttive generali per la pianificazione provinciale volte altresì a definire i criteri per l’assegnazione delle superfici alle aziende agricole interessate. E’ evidente come, in attuazione del principio di sussidiarietà e nel rispetto della sfera costituzionalmente garantita agli enti locali nell’organizzazione e nello svolgimento dei propri ambiti funzionali, la regione avrebbe dovuto limitarsi a stabilire i principi generali per l’individuazione dei criteri di assegnazione, lasciando la puntuale determinazione degli stessi a ciascuna provincia.

3.2 - La potestà regolamentare

Abbiamo già avuto modo di analizzare come fra le tematiche maggiormente ricorrenti trattate nei pareri del CdAL vi siano anche argomenti di carattere istituzionale, in particolare, e non potrebbe essere altrimenti, attinenti all’attuazione della riforma del titolo V della Costituzione. In questo senso un punto nodale sul quale più volte il Consiglio delle autonomie locali si è soffermato e che ha trovato riscontro negli atti regionali riguarda il rapporto intercorrente tra regolamenti regionali e regolamenti locali.

        E’, per esempio, nella proposta di legge n. 158 in materia di inquinamento atmosferico e di acque reflue che la Regione mostra di recepire uno degli orientamenti fondamentali sostenuti dal Consiglio delle autonomie laddove prevede che le disposizioni regolamentari regionali, nel caso in cui intervengano sullo svolgimento delle funzioni attribuite ai comuni ed alle province, devono avere carattere cedevole rispetto all’emanazione dei regolamenti locali, con il solo limite dei principi.

Fondamentale è stato l’intervento del CdAL sulla proposta di legge volta a modificare la legge forestale della Toscana; infatti, anche in conseguenza del parere del Consiglio delle autonomie locali, gli articoli in cui venivano affrontate le problematiche relative ai rapporti fra il regolamento forestale regionale e i regolamenti locali sono stati oggetto di riformulazione. Permane nel testo definitivo un rinvio esteso ad un regolamento regionale di attuazione comprendente anche parti di materie prima spettanti agli enti locali ma il contenuto di detto regolamento è espressamente previsto nella stessa proposta di legge ed evidenzia un elevato grato di tecnicità propria della fonte regolamentare; inoltre, sono fatte salve le competenze dell’ente locale sull’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni in rispondenza del dettato costituzionale. Infine, il testo definitivo prevede che il regolamento regionale possa demandare a quello locale la definizione di modalità attuative e di specifiche tecniche.

        Infine, in un contesto più problematico, anche nel parere sul Testo unico in materia di educazione, istruzione, orientamento professionale e lavoro si evidenziava come il rapporto tra regolamento regionale e regolamento locale fosse risolto con l’applicazione del principio di cedevolezza del primo nei confronti delle sopravvenute disposizioni regolamentari degli enti; il problema è che nell’atto richiamato veniva rimessa allo stesso regolamento regionale la possibilità di dichiarare alcune sue parti come inderogabili per i regolamenti comunali. Nel testo definitivo il comma che prevedeva il principio di cedevolezza nelle forme sopra descritte è stato espunto e, in totale rispondenza alle osservazioni del CdAL, si prevede che “… La Giunta regionale … approva un regolamento di esecuzione con il quale definisce le regole generali di funzionamento del sistema integrato disciplinato dalla presente legge, ferma restando la competenza degli enti locali, ai sensi dell’articolo 117, comma 6, della Costituzione, all’emanazione delle norme regolamentari attinenti alla organizzazione e svolgimento delle funzioni amministrative loro attribuite”.

L’importanza di determinare i confini tra potestà regolamentare regionale e potestà regolamentare locale si dirama dai pareri del CdAL ad un dibattito più ampio nelle sedi politico istituzionali fino ad orientare anche i lavori tecnici della commissione istituita per la stesura del nuovo Statuto regionale. Per concludere sul punto, la soluzione prospettata dal Consiglio delle autonomie locali e che finora ha trovato piena rispondenza a livello regionale, si attesta sul fatto che è compito della legge regionale salvaguardare la competenza regolamentare locale e prevedere che la Regione possa intervenire nelle materie proprie dell’ente locale solo in caso di inerzia di quest’ultimo e con norme avente il carattere della cedevolezza.

3.3 - La programmazione regionale e la programmazione locale

Una tematica fondamentale e sempre oggetto di attento monitoraggio da parte del CdAL attiene al ruolo che negli atti di settore è lasciato alla programmazione locale, soprattutto alla luce della riforma della Costituzione.

        Sul punto non hanno avuto nessun esito i rilievi mossi dal CdAL nel parere sul Piano integrato sociale laddove si sottolinea la debolezza dell’intero Piano su tutta la parte riguardante la programmazione territoriale sia in ordine alle modalità di concertazione sia per quanto attiene alle modalità di comunicazione dell’offerta; in particolare è oggetto di critica la non adeguata definizione degli indirizzi volti a delineare le forme di partecipazione degli operatori pubblici, delle organizzazioni sindacali e del terzo settore al processo di programmazione.

In seguito alle richieste del CdAL nessuna riforma ha avuto il PRS nella parte relativa alla programmazione; non è stato dato nessun seguito al parere del Consiglio delle autonomie laddove chiedeva che fosse previsto un maggior coinvolgimento degli enti locali nella definizione dello stesso PRS e nell’insieme degli atti di programmazione regionale.

Altrettanto negative e sempre senza esito le osservazioni espresse dal CdAL in materia di programmazione sulla Proposta di legge 181 e sulla proposta di legge 187 concernenti la gestione dei rifiuti e l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi. Nel parere costituisce soprattutto oggetto di critica il disegno del legislatore regionale di ripartizione delle competenze in materia di programmazione dal quale emerge, infatti, una aperta contraddizione con la ripartizione funzionale dei ruoli operata in Costituzione a seguito della riforma. In questo senso non appare condivisibile la disposizione che consente alla Giunta regionale di apportare al Piano provinciale le modifiche ritenute opportune al fine di adeguarlo alle prescrizioni contenute nella stessa proposta di legge sopra richiamata: con questo meccanismo è stato introdotto una sorta di controllo di merito che rende il Piano non più esclusivamente riferibile al soggetto istituzionale che ne ha la competenza in via ordinaria. Tale disposizione evidentemente contrasta con il nuovo assetto delle funzioni amministrative previsto dall’articolo 118 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 4 della legge costituzionale n. 3/2001 e, peraltro, non è neppure inquadrabile all’interno dei poteri sostitutivi propri della regione in quanto ne difettano tutti i presupposti.

Al contrario ha trovato accoglimento sul punto il parere del CdAL sul Testo unico in materia di educazione, istruzione e formazione professionale. Si rilevava come non ci fosse nel testo della Proposta di legge alcun riferimento alla programmazione locale e, in particolare, si evidenziava la totale assenza di prescrizioni circa il coinvolgimento degli enti locali nella procedura di adozione del Piano di indirizzo generale integrato. Nel testo definitivo del Testo unico si prevede, in totale rispondenza con la posizione assunta dal Consiglio delle autonomie, che “il processo di formazione del Piano di indirizzo generale integrato è informato al principio del concorso istituzionale e della partecipazione sociale ai sensi dell’art. 15 della legge regionale n. 49/1999”.

Infine, fondamentale il positivo richiamo al Piano sanitario regionale in cui, in totale aderenza alle disposizioni costituzionali e in applicazione del principio di sussidiarietà, si attua una responsabilizzazione del livello di programmazione comunale (Piani integrati di salute e conferenze dei sindaci) consentendo così la sperimentazione di modelli anche fortemente differenziati tra le diverse regioni.

3.4 - Le osservazioni a contenuto specifico

Nei pareri del CdAL oltre alle questioni di carattere istituzionale si trovano affrontati anche problemi di carattere specifico; spesso le osservazioni espresse sono volte ad inserire elementi di chiarimento nel testo sottoposto all’esame del CdAL oppure hanno lo scopo di mettere a fuoco specifiche problematiche di settore concernenti gli enti locali.

Sempre più spesso ormai questo tipo di osservazioni è oggetto di pieno recepimento da parte del Consiglio regionale.

Solo per fare qualche esempio, in merito al trasferimento di risorse dalle amministrazioni provinciali alle comunità montane per conferimento di funzioni in materia di agricoltura è recepita l’osservazione del CdAL laddove chiedeva che fosse reso effettivo e perentorio il termine per il trasferimento di funzioni e risorse (il termine è fissato nel testo definitivo all’1.09.2002).

Ancora sempre in materia di comunità montane, in sede di individuazione degli ambiti territoriali, in particolare per la costituzione della Comunità Valle del Serchio, molte perplessità erano state espresse dal rappresentante della Comunità Montana dell’Area Lucchese e come tali riproposte nel parere del CdAL. In piena rispondenza il Consiglio regionale ha deliberato nel senso di invitare la Giunta regionale a procedere ad ulteriori verifiche con gli enti locali interessati alla costituzione della nuova comunità montana al fine di predisporre poi una proposta di deliberazione in relazione allo specifico ambito della Valle del Serchio.

Sulla proposta di legge n. 171 concernente la disciplina per la gestione ed il controllo del potenziale viticolo, due erano le osservazioni espresse dal Consiglio delle autonomie, entrambe hanno trovato riscontro nel testo definitivo della Proposta di legge. In un primo caso il CdAL rilevava come, in ordine all’adozione dei piani triennali provinciali, qualora si fosse verificato un disaccordo fra le province interessate per le tipologie di vino ricadenti in più territori, non era prevista alcuna norma di chiusura che consentisse il superamento del contrasto. Nel testo definitivo si stabilisce che in caso di mancata intesa fra le province ciascuna di esse può provvedere comunque all’adozione degli atti di propria competenza. Con la seconda osservazione il CdAL chiede che sia inserito fra i presupposti per la regolarizzazione delle superfici vitate impiantate abusivamente anche l’iscrizione allo schedario vitivinicolo, previa dichiarazione dell’interessato ovvero d’ufficio. Nel testo definitivo è stato aggiunto il comma 6 all’art. 5 con il quale si prevede che l’accoglimento della domanda di regolarizzazione comporta l’automatica iscrizione nello schedario vitivinicolo.

        Con la proposta di deliberazione n. 686 sono stabiliti i criteri per l’individuazione, da parte della provincia, del comune competente ad esercitare le funzioni amministrative in materia di servizio di trasporto pubblico nel caso in cui tale servizio concerna aree edificate in maniera continua, ancorché appartenenti a comuni diversi. Il parere favorevole del CdAL era subordinato alla condizione che il previsto criterio del “rilevato interesse prevalente all’effettuazione del servizio” fosse maggiormente dettagliato e specificato; nella stesura definitiva tale condizione ha trovato pieno recepimento e il maggiore interesse all’effettuazione del servizio è stato individuato con l’applicazione del criterio del percorso prevalente sul territorio del comune.

        Anche in atti importanti quali il Piano integrato sociale, il CdAL si sofferma su aspetti tecnici e rileva, per esempio, di non concordare con l’allocazione di alcuni tipi di servizi su area vasta, sottolineando come sarebbe stato più pertinente il riferimento ad ambiti distrettuali o zonali. In questo senso coincide poi l'interesse del Consiglio regionale quando prevede lo sviluppo dei centri diurni anche a livello distrettuale.

Oppure, ancora, nel Testo unico sull’educazione e formazione professionale il CdAL proponeva e si vedeva poi accogliere uno specifico emendamento all’articolo 13 in materia di obbligo formativo all’interno dell’ordinamento regionale che introduce, accanto alla scuola, anche la formazione professionale biennale fino alla qualifica e l’apprendistato.

3.5 - Profili finanziari

I pareri del CdAL non hanno ancora assunto una forte incidenza sui meccanismi e le procedure di finanziamento.

        Un esempio in questo senso può essere il parere del CdAL sul Piano relativo agli interventi educativi per l’infanzia e gli adolescenti le cui osservazioni in tema di finanziamento sono rimaste senza esito alcuno: in primo luogo si criticava la mancata contestuale approvazione al Piano dei programmi di finanziamento relativi alla gestione e al riparto dei fondi di cui alla legge regionale 22/1999 e alla legge statale 285/1997; in secondo luogo destava preoccupazione il fatto che i progetti sperimentali comunali recepiti a livello di zona e attuativi degli obiettivi individuati e previsti dal Piano stesso potessero usufruire soltanto di un finanziamento triennale a scalare in percentuale annuale del 20%, è indubbio che questo tipo di meccanismo non garantisce una copertura integrale dei progetti e rende difficoltosa la prosecuzione degli interventi dopo il primo anno. Più in generale il CdAL non concordava sulle modalità di finanziamento dei progetti sperimentali in considerazione del fatto che, dopo il primo anno e con il venir meno del loro carattere innovativo, i comuni si sarebbero trovati esposti ad una carente copertura finanziaria e ciò avrebbe compromesso la definitiva stabilizzazione all’interno del sistema di quei progetti positivamente sperimentati.

Per quanto riguarda il parere sull’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (articolo 3 legge 28 dicembre 1995 n. 549), il CdAL, pur concordando con la finalità perseguita, rilevava come il margine di incentivo e di penalizzazione introdotto dalla proposta di legge non fosse in grado di garantire gli obbiettivi perseguiti non risultando, infatti, remunerativo, a fronte del limitato vantaggio fiscale previsto, investire negli impianti di selezione e trattamento. Ancora più rilevante la disposizione che prevedeva l’assoggettamento al tributo speciale per i rifiuti depositati in discarica anche delle frazioni di materiali in uscita dagli impianti di trattamento e di selezione se non riutilizzati. Nessun riscontro delle osservazioni espresse nella stesura definitiva della legge regionale.

A fronte dell’osservazione del CdAL sul “Piano regionale per la promozione della cultura e della pratica delle attività sportive e motorie per il triennio 2001 – 2003” di una possibile penalizzazione per i comuni di minori dimensioni in seguito all’estensione a tutti gli enti locali della Toscana della possibilità di beneficiare dei contributi in conto capitale, il testo definitivo della deliberazione è stato emendato ed è ora prevista una riserva pari al 60% dei finanziamenti per i contributi in conto capitale in favore degli enti di minori dimensioni.

Talvolta i pareri del CdAL hanno l’effetto di avviare un percorso di confronto su alcuni dei punti presi in esame, è ovvio che in simili ipotesi non ci sono garanzie sull’esito che avrà poi il dibattito intrapreso. E’ questo il caso del parere sul Documento di programmazione economica finanziaria dal quale si è avviato un confronto regione – enti locali sul tema della tassa di scopo con l’obiettivo prioritario di dare attuazione ai principi contenuti nell’art. 119 della Costituzione come modificato dalla legge costituzionale 3/2001.

Il Consiglio delle autonomie ottiene, invece, alcuni riscontri positivi laddove si espone per ottenere un maggiore sostegno finanziario al fine di favorire le iniziative innovative previste nell’atto sottoposto a parere.

        E’, per esempio, nel parere sul Piano integrato sociale che il CdAL manifesta l’esigenza dell’attribuzione di un maggior rilievo alle “Società della Salute” anche perché destinate ad incidere positivamente e con forza sulla programmazione regionale e locale attraverso i piani integrati della salute: nel testo definitivo sono stati previsti appositi contributi per l’attuazione e sperimentazione delle “Società della Salute”.

        Nel parere sul Piano sanitario il Consiglio delle autonomie rileva criticamente come nella definizione dei livelli minimi di assistenza sociosanitaria il Piano si fosse limitato ad un sostanziale adeguamento al disposto del DPCM 14 febbraio 2001 senza procedere ad un’effettiva analisi degli oneri in raffronto alle prestazioni erogate, né ad una definizione delle modalità di realizzazione dei percorsi assistenziali, né, tanto meno, ad una valutazione sugli effetti in termini di carico di spesa per gli utenti. A seguito di dette osservazioni le tabelle volte alla definizione dei livelli minimi di assistenza sono state oggetto di revisione e sono stati previsti degli sgravi fiscali a favore dei comuni. Sempre nel parere sul Piano sanitario il CdAL evidenziava le difficoltà delle aree deboli e montane e riteneva opportuno un aumento delle risorse volte a promuovere un’offerta sanitaria diffusa su tutto il territorio. Tale osservazione è stata oggetto di un pieno recepimento da parte della Regione e nel testo definitivo le risorse destinate alle aree montane sono state incrementate.

[1] Questo capitolo riproduce i paragrafi nn. 2, 3 e 4 del “Rapporto annuale di attività 2002” del Consiglio delle autonomie locali, redatto a cura del Servizio di assistenza generale di detto Consiglio e pubblicato nella collana editoriale del CdAL. Il Rapporto analizza la complessiva attività svolta dall’organo di rappresentanza istituzionale degli enti locali della Toscana, attività che, oltre alla funzione consultiva interna all’iter decisionale del Consiglio regionale, comprende anche la partecipazione alla concertazione istituzionale presso la Giunta regionale, le iniziative inerenti al dibattito istituzionale in sede regionale e nazionale, il ruolo di informazione e documentazione nei confronti degli enti locali, gli studi ed approfondimenti sui temi di interesse degli stessi enti locali.