BOZZE NON CORRETTE
PRESIDENTE
BASSANINI (DS-U)
FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza
IOANNUCCI (FI)
VILLONE (DS-U)
N.B: Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; CCD-CDU:Biancofiore: CCD-CDU:BF; Forza Italia: FI; Lega Nord Padania: LNP; Democratici di Sinistra-l'Ulivo: DS-U; Margherita-DL-l'Ulivo: Mar-DL-U; Verdi-l'Ulivo: Verdi-U; Gruppo per le autonomie: Aut; Misto: Misto; Misto-Comunisti italiani: Misto-Com; Misto-Rifondazione Comunista: Misto-RC; Misto-Socialisti Democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto-Lega per l'autonomia lombarda: Misto-LAL; Misto-Libertà e giustizia per l'Ulivo: Misto-LGU; Misto-Movimento territorio lombardo: Misto-MTL; Misto-Nuovo PSI: Misto-NPSI; Misto-Partito repubblicano italiano: Misto-PRI; Misto-MSI-Fiamma Tricolore: Misto-MSI-Fiamma.
Interviene il Ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza.
I lavori hanno inizio alle ore 15,40.
PROCEDURE INFORMATIVE
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'indagine conoscitiva sugli effetti nell'ordinamento delle revisioni del Titolo V della Parte II della Costituzione, sospesa nella seduta di giovedì 24 gennaio.
Abbiamo il piacere di avere in Commissione il ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza Frattini, con il quale si apre l'ultimo ciclo di audizioni dell'indagine conoscitiva riservato agli interventi dei Ministri, che dovrebbe concludersi entro il mese di febbraio.
Avviso i colleghi che è in fase di predisposizione un indice dei resoconti delle audizioni, nonché del materiale consegnato agli Uffici dai vari oratori, per consentire a tutti una facile consultazione degli atti acquisiti. Avviso anche che è in corso di preparazione una relazione riassuntiva, che sarà naturalmente sottoposta all'attenzione dei commissari, al fine di trarre eventuali conclusioni su alcuni aspetti di questa riforma costituzionale.
FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, onorevoli senatori, stante il limitato tempo a nostra disposizione, mi riservo di trasmettere alla Commissione un documento scritto.
Ringrazio la Commissione per il lavoro che sta svolgendo in quanto su questo tema moltissimi sono i problemi ancora aperti. Probabilmente, vi è anche una grande incertezza sulle risposte. Credo che oggi nessuno di noi possa dirsi sicuro della soluzione da dare in una materia così delicata, che concerne gli effetti nell'ordinamento costituzionale delle revisioni del Titolo V della Parte II della Costituzione, per quel che riguarda, da un lato, la ripartizione delle funzioni amministrative e, dall'altro, i criteri di attribuzione dei poteri normativi regolamentari. È evidente che ci confrontiamo con un nuovo articolo 117 che ha delineato sia il livello della potestà legislativa esclusiva statale, per materie specificamente indicate, sia quello della competenza concorrente, anch'essa nelle materie indicate dalla Costituzione sia, infine, invertendo il tradizionale criterio di ripartizione legislativa, sia, infine, quello della potestà legislativa esclusiva regionale, laddove non vi sia una esplicita previsione.
Ne deriva una prima questione concernente i criteri per l'esercizio della potestà regolamentare, questione che certamente va affrontata sostenendo – e credo sia certamente sostenibile – che questa spetti allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salvo delega alle regioni, mentre spetti alle regioni in ogni altra materia. Che cosa accadrebbe in questo caso? Ci sarebbe una delegabilità, qualora lo Stato se ne avvalesse, di potestà regolamentare che avrebbe, a mio avviso, un carattere, se possiamo definirlo così, attuativo o integrativo. Si pone, a questo punto, un primo quesito. Premessa l'ammissibilità di regolamenti delegati anche in materie di potestà legislativa esclusiva statale, una prima questione aperta riguarda, almeno in questo caso, una delegificazione su delega, qualora la legge dello Stato fissi le norme generali regolatrici della materia. Quando parliamo di delegificazione, ci troviamo in materie in cui, a proposito della competenza concorrente e a proposito della competenza regionale residuale, come è noto, esiste un orientamento che propende per l'inammissibilità di delegificazione statale; viceversa accade quando la competenza statale è esclusiva. È possibile che la delegabilità della potestà regolamentare alle regioni si estenda, specialmente in alcuni ambiti, alla delegificazione? Mi rendo conto che questa è una materia complessa perché incide su poteri importanti. Il potere è quello della degradazione della fonte da legge a regolamento per le regioni, essendo la materia legislativa esclusiva statale. La questione è nuova ma bisognerebbe preoccuparsene.
Nella seconda parte dell'articolo 117 sono indicate le materie di legislazione concorrente, nelle quali la potestà legislativa regolamentare - è pacifico - spetta alle regioni, che potrebbero individuare le varie tipologie di regolamento con una sorta di parallelismo con quanto stabilito dall'articolo 17 della legge n. 400 del 23 agosto 1988 per i regolamenti statali. Ci sono alcuni punti da approfondire: il primo, se sia possibile, nel caso in cui la legge regionale in una determinata materia manchi, adottare o meno regolamenti regionali. Ancora, se sia possibile, in mancanza di legge regionale ma in presenza di princìpi fondamentali, quindi determinati da leggi dello Stato, perché siamo in materia concorrente, adottare o meno regolamenti regionali. È un punto sul quale francamente risponderei affermativamente, anche se mi rendo conto che la questione è delicata.
Se i princìpi statali sono ben indicati e la legge regionale non è ancora intervenuta, nondimeno osservando quei principi fondamentali la regione potrebbe in quella materia adottare regolamenti, ancorché non abbia adottato una legge. Il problema è evidente quando invece mancano anche i princìpi fondamentali. Questo in teoria è possibile, perché l'articolo 117 ha introdotto alcune materie nuove di legislazione concorrente.
Quindi è possibile che in questi pochi mesi, nelle materie nuove di legislazione concorrente, non solo non vi sia la legge regionale, ma non siano ancora intervenuti neppure i princìpi fondamentali a livello di ordinamento statale. Questo, evidentemente, crea un problema molto delicato, e qui francamente la mia opinione è che il regolamento regionale non possa essere adottato, ove manchi sia la legge regionale, sia il principio fondamentale in materia, perché lo Stato non ha avuto ancora il tempo di dettarlo con propria legge, in quanto in tal caso evidentemente vi sarebbe un regolamento regionale che non si potrebbe far risalire né alla legge regionale, né ad un principio fondamentale dello Stato. Ma è sicuramente questione delicata.
Ovviamente, invece, che in materia di legislazione regionale residuale la competenza regolamentare piena spetti alle regioni è assolutamente pacifico e non credo ci sia bisogno di particolari commenti.
Una riflessione invece a mio avviso occorre fare su un'altra questione. Noi stiamo ragionando dei tre livelli: competenza statale esclusiva, competenza residuale regionale, competenza concorrente. Tutti questi tre criteri si fondano sull'individuazione di materie, cioè materie esclusive, concorrenti e di competenza residuale. Abbiamo allora la necessità a monte di definire con grande chiarezza quale sia la materia perché spesso, se non abbiamo un concetto chiaro di materia, non possiamo definire con sufficiente chiarezza i confini e quindi impedire le eventuali interferenze. Ora, se questo è vero, e credo che sia un problema di fondo, purtroppo di fatto dobbiamo riscontrare che alcune materie, che sono di competenza statale, in realtà non sono vere materie ma piuttosto sono definibili come settori. Provo a fare un esempio: quando noi diciamo che spetta allo Stato delimitare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, non facciamo in realtà riferimento ad una materia, ma appunto ad un settore, perché riguarda più materie.
Questa operazione richiede allora in qualche maniera una riflessione molto approfondita perché, se questo chiarimento non c'è, rischiamo, da un lato, di accusare il Governo ed i Ministeri di una sorta di invasione di campo - diciamo così - in materia regionale; dall'altro, però, dobbiamo renderci conto di cosa succede, se la materia non è esattamente definita, nelle more dell'esatta definizione. Si arresta del tutto l'attività amministrativa in un determinato ambito? Si arresta del tutto ogni intervento normativo? Cosa accade nella fase transitoria? L’insorgere della questione risale alla scorsa legislatura, a seguito di quello che – lo riconosceranno forse oggi anche gli autorevoli esponenti dell'opposizione di oggi e della maggioranza di ieri – probabilmente per la necessità di chiudere in fretta la nuova formulazione del Titolo V della Costituzione, non venne a suo tempo introdotto, benché alcuni di noi lo avessero richiesto: mi riferisco cioè ad una normativa transitoria, la cui necessità è dinanzi agli occhi di tutti e che avrebbe potuto risolvere questi problemi di competenza intermedia.
Vi è poi un'altra questione che mi sembra importante sottolineare. Sappiamo che lo Stato può adottare - come ho già detto - regolamenti nelle materie di propria competenza legislativa, quindi esclusiva. La domanda che ne deriva è la seguente: è ammissibile un regolamento statale recessivo in materia regionale? Può, cioè, immaginarsi un regolamento statale adottato oggi e che cessi di avere applicazione quando la normazione regionale regolamentare interverrà?
È un po' quello che era accaduto per i regolamenti di semplificazione. Per questi ultimi il Governo in alcuni casi ha preferito sottoporre alla Conferenza Stato-regioni, pur in materia che non è più di competenza legislativa esclusiva dello Stato, regolamenti di semplificazione, proponendo la forma del regolamento recessivo. Ha cioè chiesto alle regioni se, nelle more dell'adozione da parte loro di leggi e poi di regolamenti, quindi nelle more dell'esatta individuazione delle materie di confine, in qualche ambito delicato in cui per esempio lo Stato sarebbe stato pronto a varare una semplificazione che aiutasse cittadini ed imprese, ritenessero opportuno che lo Stato si autolimitasse, con un danno grave per i cittadini e le imprese finché le regioni stesse non avessero provveduto, oppure avrebbero consentito allo Stato di adottare un regolamento, con l'intesa evidente che esso avrebbe cessato di avere effetti quando, magari anche subito dopo, le regioni avessero cominciato a provvedere. Questo è un problema particolarmente delicato perché, dal tenore della disposizione, pare invece - lo dico con grande chiarezza - che ciò non sia possibile. Si pone quindi un delicato problema di interpretazione.
Segnalo poi - probabilmente molti componenti della Commissione lo sapranno già - che è recentemente intervenuto un parere della sezione per gli atti normativi del Consiglio di Stato sullo schema di regolamento del Ministero del lavoro che riguarda le modalità per i finanziamenti in materia di intervento per i soggetti handicappati gravi non assistiti familiarmente. Il Consiglio di Stato, pur trattandosi di una materia che non è più di competenza esclusiva statale, ha espresso parere favorevole, ritenendo conforme questo regolamento; e lo ha fatto sulla base di alcune considerazioni che francamente mi sembrano abbastanza interessanti. Il Consiglio di Stato in sintesi ha preso atto innanzi tutto che la Conferenza unificata Stato-regioni aveva espresso parere favorevole sullo schema di regolamento e, soprattutto, ha valutato che l'iniziativa del Ministero del lavoro è finalizzata a velocizzare, semplificare il procedimento per l'utilizzo di denaro pubblico per finalità di carattere sociale.
Quindi sembra - dobbiamo ammetterlo – che in questo caso sia stato espresso un parere molto problematico. Esso dà atto che la materia non è più di competenza esclusiva statale e che quindi, a tenore dell'articolo 117, non vi sarebbe una potestà regolamentare semplificatoria residuata allo Stato; nello stesso tempo, a mio avviso, con una decisione che nella sostanza condivido, il Consiglio di Stato ha fatto una valutazione in termini di ponderazione tra interessi. Da un lato, vi è l'interesse al rispetto delle prerogative costituzionali sui limiti di competenza all'adozione degli atti normativi e c'è, dall'altro lato, l'interesse di una categoria sociale particolarmente debole, gli handicappati gravi privi di assistenza, a disporre di una regola normativa più agile per poter usufruire prima dei finanziamenti dovuti. Nella ponderazione tra questi criteri, il Consiglio di Stato ha forse esercitato quella che si potrebbe chiamare una giurisprudenza pretoria. Ha cioè ponderato gli interessi in luogo di seguire il formale criterio di attribuzione delle competenze e ha valutato le cose in un certo modo. Non lo riterrei un precedente definitivo in sé, ma un precedente utile in questa sede, che è sede politica e cioè la sede in cui si deve politicamente valutare se vi siano casi in cui, pur in presenza di un trasferimento di competenze, la missione pubblica che attraverso il regolamento si realizza sia una missione tanto urgente ed attesa da alcune categorie sociali da far ritenere più opportuno un regolamento recessivo statale piuttosto che un’attestazione sul rigido rispetto dei confini.
È questa una valutazione che sottopongo alla Commissione, perché la ritengo apprezzabile, però mi rendo conto che deve essere materia di definizione di un protocollo politico con le regioni. Se le regioni, per taluni ambiti specifici, ritenessero - anche nel loro interesse - preferibile un regolamento statale recessivo per dare loro il tempo di intervenire normativamente nella materia, specie quando i cittadini sulla materia hanno forti attese, se le autonomie ritenessero apprezzabile tale metodo di lavoro, il Governo condividerebbe tale orientamento. Ma - ripeto – pongo la questione in termini problematici.
Vi sono alcune altre questioni che in tali termini possono essere affrontate. Vi sono materie che ormai sono di competenza residuale regionale, come ad esempio l'artigianato o l'agricoltura. Ebbene, il Governo può intervenire con regolamento quando per quella materia intervenga anche la previsione della tutela esclusiva statale, ad esempio la tutela della concorrenza o quella dell'ambiente? Vi è cioè la possibilità che un regolamento destinato a soddisfare prioritariamente quelle esigenze di tutela che restano statali come la concorrenza o la tutela ambientale “attragga”, in una normazione necessariamente unitaria, una materia che altrimenti, se considerata da sola, cioè sotto il profilo che non riguarda anche l'ambiente ovvero la concorrenza, ricadrebbe sicuramente nella materia regionale?
Questo è un tema ovviamente delicato. La mia valutazione è che ciò possa accadere, perché, se la scelta di tutelare la concorrenza in materia di agricoltura, tanto per fare un esempio, fosse regolata dalla regione, sfuggirebbe quella imprescindibile finalità di omogeneizzazione della tutela della concorrenza sul territorio nazionale, che ha fatto stabilire dal nuovo Titolo V che quel settore o materia resta statale. Però – ripeto - è un tema delicato.
Altro punto problematico riguarda se e in quale ambito può - per esempio, penso alla salute dei cittadini - intervenire un regolamento regionale (questa è un po' la questione reciproca che si pone rispetto a quanto detto prima) in una materia come quella della tutela ambientale che è invece esclusivamente statale. Se vi è cioè una materia che sicuramente è di interesse e di competenza regionale, come la salute dei cittadini, che però sia collegata nell'ambito regolamentare alla tutela ambientale, che è materia invece statale, può la regione disciplinare quel settore o quella materia - la salute – “attraendo” un po' anche la materia ambientale, su cui invece non potrebbe normare un regolamento? Francamente occorre su questo una riflessione più approfondita, ed io non ho una risposta già pronta.
Ancora: nell'articolo 117 vi sono alcune materie che in realtà più che materie - come ho detto prima - talvolta sono settori; qualche volta - parliamo ad esempio dei beni culturali - ci sono addirittura diverse funzioni nell’ambito delle medesime materie. Nei beni culturali non c'è dubbio che la materia è stata divisa in due ambiti di attribuzione della medesima, perché la tutela è attribuita allo Stato, la valorizzazione è compito delle regioni. Ed allora, come ci regoliamo in questo campo per stabilire il confine, visto che non siamo nell'ambito di una materia e nemmeno di settori, in quanto il settore comprende più materie, mentre in questo caso la materia è una, ma ci sono più funzioni nella stessa materia, una devoluta allo Stato ed una alle regioni? Ed allora, forse, per aiutare in questa difficile individuazione dei confini, possono intervenire le definizioni - parlo proprio dei beni culturali - dei decreti legislativi che hanno attuato la legge n. 59 del 1997: se si dovesse cercare un criterio che può aiutare in una materia così complicata, cioè quando vi è una materia divisa in funzioni distribuite tra due livelli di competenza per capire qual è il confine, probabilmente un criterio surrogatorio o integrativo potrebbe appunto essere quello di quei decreti legislativi.
Faccio un altro esempio. Lo Stato ha un potere regolamentare in materia di dogane e profilassi internazionale. Faccio questo esempio perché è di un certo rilievo. Come possiamo impedire che questo potere regolamentare interferisca con il potere regolamentare regionale in materia di commercio con l'estero? Infatti, quando si regola la materia statale delle dogane e della profilassi internazionale, vi è una linea di confine – a mio avviso, labile, se non inesistente – con la materia regionale del commercio con l’estero. Di conseguenza, anche in questo caso è necessaria una seria riflessione.
In questi giorni ho effettuato una rapida ricognizione dei numerosi casi problematici che stanno emergendo e desidero segnalarli. Un’ulteriore incertezza riguarda il fatto che alcune materie sono regionali in via residuale, ma - a mio avviso – lo sono soltanto in apparenza giacché sono innominate. Cito, al riguardo, l’esempio del demanio marittimo. Nel caso specifico, mi chiedo se ci si debba comportare invocando la categoria generale dell’interesse nazionale sul demanio marittimo. Francamente avrei alcune perplessità a “rispolverare” una categoria generale che, in qualche modo, non dovrebbe costituire più quel punto di riferimento generalissimo, soprattutto in presenza di un articolo 117 molto dettagliato. Però, la disciplina del demanio marittimo può, in qualche misura, coinvolgere sia la materia statale (e ciò avviene certamente quando si regola la sicurezza dello Stato con la disciplina delle coste) che quella regionale in via residuale (come la destinazione turistico-ricreativa di alcune aree costiere e quindi del demanio marittimo) ed ancora può coinvolgere anche la materia di competenza concorrente come, ad esempio, i porti. Ecco, dunque, un’unica materia (il demanio marittimo) che apparentemente si assume essere ormai regionale in via residuale, ma che - a mio avviso - può toccare ambiti regionali, statali e concorrenti.
Dovremo quindi lavorare ancora a fondo per sciogliere questo genere di nodi. Mi rendo conto che la materia è davvero sconfinata. Ho citato solo alcuni esempi perché credo sia indispensabile trovare una legislazione nazionale di attuazione del Titolo V che disciplini, insieme all’attuazione, anche la fase transitoria (e la cabina di regia Stato-regioni sta cercando di farlo).
Diversissima è la normazione di attuazione, che è primaria, rispetto alla disciplina transitoria che, a mio avviso, è di rango costituzionale. Ad esempio, se volessimo disciplinare in modo compiuto i regolamenti statali recessivi in materia di sopravvenuta legislazione regionale, o ci atteniamo ad una regola di protocollo politico, di modo che lo Stato li adotta con il parere favorevole delle regioni e queste ultime non li impugnano, ovvero dobbiamo ricorrere ad una normazione di rango costituzionale. Se il principio dell’inammissibilità di regolamenti recessivi scaturisce dall’articolo 117, la normazione transitoria sui regolamenti recessivi deve essere adottata con legge costituzionale. Ora, almeno per la parte attuativa (personalmente lo ritengo opportuno anche per la parte transitoria) credo occorra in tempi particolarmente brevi un intervento che scaturisca dall’accordo in cabina di regia Stato-regioni. Tra l’altro, ritengo che ciò sarebbe necessario (ma si aprirebbe un altro capitolo) per regolare un’ulteriore problematica relativa al completamento del trasferimento di funzioni amministrative, che ancora non è stato realizzato e che avrebbe dovuto avvenire molto tempo fa. Si sarebbe dovuto verificare, infatti, il trasferimento di funzioni amministrative insieme al personale ed ai mezzi. Vi sono stati alcuni comprensibili ritardi ed ancora ci troviamo in una situazione di incompletezza. Di conseguenza, mi chiedo, se sia possibile affrontare compiutamente l’attuazione del Titolo V quando ancora non è stata completata l’attuazione delle norme sul cosiddetto federalismo o decentramento amministrativo. È un po’ un problema nel problema.
Mi rendo conto di avere favorito spunti di riflessione piuttosto che risposte, ma sarà il lavoro comune nelle varie sedi politiche ed istituzionali che, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, potrà dare le risposte necessarie. Sarei stato imprudente se le avessi volute anticipare ora.
VILLONE (DS-U). Ringrazio il ministro Frattini per l’esposizione pregevole dal punto di vista tecnico ed anche molto interessante dal punto di vista qualitativo.
Intendo svolgere delle brevi considerazioni su alcuni dei punti principali evidenziati, in una chiave di lettura politica della vicenda relativa alla recente riforma.
In primo luogo, mi sembra sia da condividere la sollecitazione ad una piena utilizzazione dell’articolazione del sistema delle fonti: vale a dire, tutta la sollecitazione alla piena utilizzazione dello strumento regolamentare. Ritengo di poter condividere tale posizione, soprattutto sul versante regionale, perché oggi il regolamento regionale è fonte dotata di un ruolo effettivo, che fino ad oggi non possedeva per la diversità del regime giuridico. Ora ce l’ha ed io sono favorevole a tutte le letture che consentono il pieno esercizio di tale potere. Il Ministro al riguardo ha dato qualche indicazione che mi sento di condividere.
Per quanto attiene al problema della recessività, si tratta di un aspetto particolarmente delicato. Dico subito in via generale che tale istituto negli Stati di impianto federale costituisce, per certi versi, una normalità. Nel nostro Paese essa assume un rilievo in questa fase di passaggio, ma negli Stati di impianto federale o parafederale la cosiddetta questione del pre-emption (che si traduce con la questione “del chi arriva prima”) è del tutto fisiologica, per cui non deve essere vista come patologia del sistema. Non ho difficoltà ad affermare che laddove esiste una domanda di regola giuridica, alla fine, nel concreto operare degli Stati federali o, per così dire, parafederali, l’impianto del riparto di competenza non fa velo perché alla fine qualcuno risponde.
FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Come Costituzione materiale.
VILLONE (DS-U). Certo, come Costituzione materiale. In qualche modo si trova la risposta che, in genere, passa attraverso clausole generali. Purtroppo, quello della clausola generale rappresenta uno dei punti deboli di questo schema, come ho già avuto modo di rilevare.
Quindi, non mi preoccupa il fatto che si possa dire che lo Stato entra con la sua normazione. Ci tengo però ad affermare un principio e cioè che si tratta di una considerazione che vale anche al contrario. Possiamo assistere, infatti, anche ad una pre-emption di origine regionale, laddove vi siano spazi che, in astratto, sarebbero precludibili alla regione, ma che non siano in astratto preclusi, oppure spazi che sono occupati, ma che comunque la regione possa legittimamente occupare; e se la regione si muove, anche senza iniziativa dello Stato, occupandoli, a mio avviso, si risponde positivamente e in modo costituzionalmente corretto allo stesso principio. Molti di questi problemi - desidero affermarlo in questa sede perché ne rimanga traccia nel Resoconto stenografico - potrebbero essere più agevolmente risolti se le regioni puramente e semplicemente legiferassero.
FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e per il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. E' evidente.
VILLONE (DS-U). Purtroppo, non lo fanno. Noto una carenza, da parte delle regioni, nell'esercizio dei poteri che hanno; se ci fosse un maggiore attivismo, naturalmente in senso positivo, arriveremmo a quella sede normativa di verifica, rappresentata dalla Corte costituzionale, che metterebbe la parola fine ad una serie di questioni. Invece, da un certo punto di vista, noto un eccesso di concertazione, lo affermo senza alcuna censura di colore politico. Credo infatti che, come funzionamento complessivo del sistema, si stia compiendo un errore, nel senso che le regioni hanno poteri e dovrebbero esercitarli, proprio per risolvere, almeno in parte, i problemi che il Ministro giustamente sottolineava.
Le questioni, nella materia di cui ci stiamo occupando, non sono tutte risolvibili in astratto e preventivamente. Sono tante e non sarà mai possibile concluderle, saranno sempre aperte, è fatale che ciò accada. Abbiamo, come è ovvio che sia, una preminenza assoluta nella formazione di proposte di origine governativa. Desidero, a tale proposito, porre alcune domande specifiche al Ministro. Il Governo si è dato o pensa di darsi momenti e sedi di valutazione sulla problematica che espone, ai fini della definizione della propria proposta di innovazione normativa? Per la verità, lo dico senza alcuna polemica, il Governo in molte occasioni sembra seguire un segno diverso da quello che è l'orientamento complessivo della riforma introdotta. Il Governo, nelle sedi di concertazione con le regioni, ha pensato o pensa di dare un contributo per formulare le cosiddette convenzioni della Costituzione, sul funzionamento in concreto della riforma introdotta, che necessariamente vi devono assistere, forse passando per leggi di attuazione, forse per norme transitorie, forse né attraverso le une né attraverso le altre? Cosa fa concretamente il Governo, che è il padrone della massima quota della proposta di innovazione normativa, per rispondere almeno in parte ai problemi che il Ministro, giustamente, sottolineava?
Vi è poi un altro punto sul quale vorrei soffermarmi. Stiamo parlando di trasferimento delle funzioni amministrative in materie che le regioni, volendo, potrebbero ridefinire, cancellando, sopprimendo o modificando quelle medesime funzioni.
IOANNUCCI (FI). Signor Presidente, l'intervento del signor Ministro è stato molto compendioso, anche se è durato pochi minuti. Molte domande vorremmo farle ma mi limiterò a soffermarmi su due elementi fondamentali. Il primo interessa la mia regione, l'Abruzzo. Nel vuoto legislativo – e, purtroppo, il Titolo V ne ha molti – non vi è alcuna indicazione su quello che potrebbe succedere in caso di annullamento delle elezioni regionali. Nella regione Abruzzo il TAR ha annullato le elezioni e non si sa se e come la regione possa funzionare, né quale sia l'organo che possa più o meno svolgere quell'attività che mi sembra doverosa da parte di un organo costituzionale. La mia prima domanda, quindi, riflette uno stato fattuale di incertezza che ha colpito la regione Abruzzo per prima. Lo stesso era accaduto, ad esempio, nella regione Molise, ma, non essendo ancora entrato in vigore il Titolo V della Costituzione, era stato emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Nel caso dell'Abruzzo, invece, non credo che il Governo abbia alcun potere in merito, essendo ormai la regione un organo costituzionale.
Desidero sottoporre alla sua attenzione un altro elemento che riguarda i regolamenti recessivi. Lei ha dichiarato che tutta la questione dovrà essere necessariamente normata con legge costituzionale. Mi chiedo se, in base al comma secondo della VIII disposizione transitoria della Costituzione, possa essere normata non con legge costituzionale ma con legge formale.
BASSANINI (DS-U). Vorrei che il ministro Frattini non giudicasse la mia domanda polemica perché non lo è. Mi pare che alcune questioni e preoccupazioni comprensibili che il Ministro ha esposto nella sua illustrazione problematica riflettano quella che altre volte, in questa sede, ho definito la "rivincita del presidente Fisichella", cioè la convinzione che, ad un più attento esame, questa riforma appare molto incisiva, fino al punto di aver bisogno di alcune interpretazioni di razionalizzazione, per evitare che in alcuni casi ci si trovi di fronte a problemi molto seri di carattere transitorio. Per questo motivo, vorrei che la mia domanda non fosse giudicata polemica. In realtà penso che la situazione sia tale e penso anche che nell'approfondimento della tematica, questo aspetto stia cominciando ad emergere. Mi chiedo anche se su alcuni elementi non sia necessaria una maggiore attenzione per non sbilanciarsi troppo dall'altra parte, altrimenti la rivincita del presidente Fisichella potrebbe diventare un trionfo senza limiti.
Proprio sulla base delle sue interpretazioni, signor Ministro, vorrei capire alcune questioni. Ad esempio, il problema del regolamento recessivo e quello dell'attrazione per materie, in realtà, si pongono, in molti casi, anche per le leggi. Come si pone per la potestà regolamentare, si pone per la potestà legislativa, naturalmente avendo ben presente che il riparto di competenze è diverso nel nuovo articolo 117 della Costituzione, poiché non segue un parallelismo perfetto tra potestà legislativa e potestà regolamentare. Non crede, signor Ministro, che entrambe le problematiche si pongano sia per i regolamenti sia per le leggi? Le chiedo alcune precisazioni. Non ho alcun dubbio che alcune competenze esclusive del legislatore statale (la tutela della concorrenza, i livelli essenziali, le funzioni fondamentali dei comuni) siano effettivamente orizzontali: possono quindi riguardare l'agricoltura come l'artigianato. Tuttavia, è diverso affermare che in questo caso ci possa essere una competenza che il legislatore statale o il Governo, nell'esercizio del potere regolamentare, utilizzano trasversalmente per tutte le materie e affermare che questo possa autorizzare, nel corpo di una legge o di un regolamento, ad attrarre, nella competenza esclusiva dello Stato, la disciplina delle materie riservate invece alla competenza regionale. Spiegherò meglio questo concetto. Se disciplino la tutela della concorrenza, ad esempio, non posso inserire norme di promozione o di incentivazione all'attività produttiva che non hanno niente a che fare o che addirittura, in alcuni casi, sono in contrasto. Le posso eliminare se sono in grado di far emergere un profilo di limitazione della concorrenza, ma non le posso introdurre perché in quest'ultimo caso uscirei dall'ambito della materia della tutela della concorrenza. A questo punto può essere sufficiente l'introduzione di qualche correzione in un disegno organico. Per quanto riguarda le leggi e i regolamenti recessivi, signor Ministro, potremmo concordare sul concetto che il principio della recessività possa valere intanto per la disciplina transitoria. Leggi e regolamenti statali, emanati ed entrati in vigore prima dell'entrata in vigore del nuovo Titolo V, continuerebbero quindi ad essere vigenti e applicabili fino a che il legislatore statale o il regolatore regionale non li sostituirà.
Penso che questo si possa dire senza troppa preoccupazione di problematicità; è invece molto più problematico – come lei ha sottolineato - applicarlo anche dopo l'entrata in vigore. Per i precedenti però sarebbe importante se si concordasse anche su questo punto con le regioni perché ciò consentirebbe di non aprire vuoti normativi di regolamentazione, assai preoccupanti dal punto di vista degli interessi e, in molti casi, dei diritti dei cittadini.
Terza questione: signor Ministro, non pensa che il secondo e terzo comma dell'VIII disposizione transitoria e finale della Costituzione possano continuare ad avere applicazione, siano ancora in vigore? Ripeto, non a caso sono disposizioni non solo transitorie ma anche finali. Premetto di concordare con il Ministro: il Senato non ha potuto svolgere alcun ruolo nella formazione di questa riforma costituzionale se non quello di organo di ratifica e ciò ancora brucia ai senatori della scorsa legislatura, tant'è vero che, in qualche caso, siamo soliti ribadire che lo avevamo pensato e detto.
Vi sono poi alcune norme che regolano permanentemente queste fasi transitorie. In altri termini, il trasferimento sicuramente di risorse e di personale - ma forse anche di funzioni amministrative nella misura in cui richiedono una disciplina della fase transitoria (ad esempio, il passaggio dei procedimenti in itinere) - richiede una disciplina legislativa con norme statali. Si tratta infatti di trasferire risorse, uffici e personale che, allo stato, sono dell'amministrazione dello Stato e che, in base alla nuova norma costituzionale, sono di pertinenza delle regioni; ciò però non significa che non vi sia necessità di disciplinare tale trasferimento. Condivide questa possibile interpretazione o no?
L'ultima questione è quella della semplificazione da lei posta all'inizio del suo intervento. Si tratta di una preoccupazione che, come lei sa, è anche dell'OCSE, preccupazione che quest'ultima ha ribadito anche recentemente, oltre che un anno fa nella Regulatory Reform Review dell'Italia. Il passaggio della competenza legislativa e regolamentare in moltissime materie alle regioni sarebbe bene non arrestasse l'opera di semplificazione, snellimento e sburocratizzazione, alla quale è stato dato impulso, obiettivamente, per merito del Parlamento e dei Governi che si sono susseguiti in queste fasi; ci auguriamo che questa azione oggi continui e lavoreremo insieme affinchè sia così.
In questo caso si presentano alcuni rischi. Un primo rischio è che, nella fase di passaggio, tutto il lavoro in itinere si fermi; un secondo rischio è che diventi più complicato il rapporto tra la legge che disciplina e definisce la delegificazione e i regolamenti. Non è così sicuro che il meccanismo dei regolamenti delegificanti, autorizzati dalle leggi, possa operare così tranquillamente anche nell'ordinamento regionale. Nelle materie di competenza concorrente non si potrebbe pensare che tra i princìpi della legislazione dello Stato possa esservi anche quello della delegificazione e della semplificazione e che, una volta inserito nell'ordinamento legislativo statale, la regione possa darvi applicazione con regolamenti di semplificazione e di delegificazione, in quanto fondati su un principio fondamentale della legislazione dello Stato?
FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Cercherò di dare rapide risposte. Ringrazio per i contributi che ho raccolto e che condivido. Le proposte e le indicazioni provengono, in particolare, da ultimo, dal senatore Bassanini per quanto riguarda anzitutto l'ipotesi che sulla recessività nella fase transitoria si debba (almeno su questo) raggiungere un accordo con le regioni. Spero vi sia nelle regioni la sensibilità per comprendere che almeno su questo principio occorre un accordo.
BASSANINI (DS-U). Conviene anche a loro.
FRATTINI, ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Sì, è vero, conviene anche a loro.
Quanto alla delicatezza della disciplina delle competenze trasversali, ho segnalato quei casi proprio perché anch'io mi rendo conto del tentativo, possibile, che si attragga, con la scusa di disciplinare la concorrenza, una materia che è invece tipicamente regionale; e questo, evidentemente, non si deve fare.
Quanto all'ultimo tema toccato dal senatore Bassanini, devo rilevare con tutta franchezza che proprio sul secondo e terzo comma dell'VIII disposizione transitoria e finale il Governo sta ipotizzando la legge ordinaria per delimitare e regolare la fase di transizione: su di essi la fondiamo. Il problema è che le regioni hanno espresso forti e robuste perplessità sulla possibilità di applicare quella disposizione. Io credo che la cabina di regia debba andare in quella direzione perché è fuor di dubbio che l'automatismo traslativo nelle competenze legislative non è ipotizzabile; ci vuole la regolazione del processo di attribuzione di funzioni, di risorse, di personale e via dicendo. Quindi, pur condividendo quanto rilevato, rilevo però che la difficoltà, purtroppo, è arrivata finora dal mondo regionale.
Voglio comunicare al senatore Bassanini, mio predecessore - che si è occupato della semplificazione con tanta responsabilità e grandi risultati - che sto studiando una norma generale (che possa costituire, magari con un emendamento alla legge di semplificazione che stiamo già esaminando, principio generale di indirizzo alle regioni nella normazione concorrente) in modo che la delegificazione e la semplificazione siano considerate dalle regioni come principio guida. Si potrebbe utilizzare proprio il disegno di legge sulla semplificazione che la Commissione sta iniziando ad esaminare. Il Governo si riserva di esprimersi successivamente su questo, condividendo il suggerimento del senatore Bassanini.
In merito alle osservazioni della senatrice Ioannucci, su quello che accade dopo lo scioglimento, a seguito di una sentenza, di un consiglio regionale, faccio presente che la materia è nelle mani del giudice; quindi, non vorrei aggiungere più di tanto. Mi permetto di rilevare, come mia opinione a caldo, che il principio generalissimo contenuto nella Costituzione materiale – ancorché non scritto – in base al quale l'attività amministrativa non si può interrompere, mi farebbe immaginare che la giunta, comunque l'organo di governo, possa restare in carica per l'ordinaria amministrazione. Escluderei certamente - mi permetto di dirlo – che possa restare in carica il Consiglio perché quest’ultimo non è un organo che presiede all’ordinaria amministrazione, bensì alla legislazione. In ogni caso, si tratta di una materia sottoposta all’esame del giudice in queste ore.
Quanto alle considerazioni svolte dal senatore Villone, e più specificamente in relazione alla sua domanda se il Governo stia valutando o meno una sede, un luogo, devo dire di aver proposto, nell’ambito della cabina di regia, di istituire in questa fase un momento di valutazione preventiva dell’impatto, ex titolo V, delle nuove iniziative. Delimiterò la mia proposta al ministro La Loggia. Così come verrà istituita – auspico presto a regime – la valutazione di impatto amministrativo delle iniziative legislative del Governo, mai come in questa materia sarebbe utile istituire tale valutazione. Tra l’altro, anche se non è propriamente attinente all’argomento di cui stiamo discutendo, sarebbe opportuno che il Governo provvedesse ad un altro tipo di valutazione, vale a dire ad una sorta di valutazione di impatto contrattuale delle norme giacché lo sconfinamento tra legge e contratto è un altro tema che preoccupa l’Esecutivo oltre che le parti sociali. Però, nella materia di cui al Titolo V, ciò sarebbe utile per evitare polemiche, contenziosi e ricorsi alla Corte costituzionale. Avanzerò una proposta al collega La Loggia ed auspico che essa possa divenire momento di dibattito in cabina di regia.
Condivido, infine, il richiamo alla Costituzione materiale come fondamento per i regolamenti recessivi. Anche in questo caso il Governo si è dovuto purtroppo astenere dall’adottare qualche regolamento di semplificazione, pur trattandosi di una materia delicata, in merito alla quale sicuramente le regioni non adotteranno regolamenti per molti mesi. Eppure, è prevalsa questa rigidità formale in luogo della Costituzione materiale. Di conseguenza, forte delle indicazioni raccolte oggi, sicuramente riproporrò tale problematica nel confronto che si realizzerà in cabina di regia.
PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Frattini per la sua disponibilità e tutti gli intervenuti.
Auspico che ulteriori arricchimenti possano derivare dal confronto con altri Ministri in modo tale da avere le idee più chiare al termine del ciclo delle nostre audizioni.
Dichiaro conclusa l’audizione. Rinvio il seguito dell’indagine conoscitiva ad altra seduta.