Proposta di deliberazione n. 333

“Piano di indirizzo territoriale (PIT)”.

 

 

PARERE OBBLIGATORIO

 

 

                                            Il Consiglio delle Autonomie locali,

 

Visti

-l’art.66 dello Statuto regionale;

-la LR 36 /2000 (Nuova disciplina del Consiglio delle Autonomie locali);

-il regolamento interno del Consiglio Regionale;

-il regolamento interno del Consiglio delle Autonomie locali;

 

Vista

-la PDD n.333  recante “Piano di indirizzo territoriale (PIT)”;

 

Ricordato

-che, ai sensi dell’art.9  della LR 3 gennaio 2005, n.1 “Norme per il governo del territorio”, il PIT è, insieme al P.T.C. (piano territoriale di coordinamento) di competenza delle Province e al P.S. (piano strutturale) di competenza dei Comuni), uno dei tre fondamentali strumenti della pianificazione territoriale;

-che l’art.48 della citata LR 1/2005 definisce gli elementi essenziali del PIT ed in particolare:

1)i contenuti dello statuto del territorio;

2)la valenza di piano paesaggistico dello statuto del territorio ai sensi dell’art.143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio;

3)la strategia dello sviluppo territoriale, cui sono finalizzate le disposizioni relative alle prescrizioni, alle direttive ed alle misure di salvaguardia;

 -che il PIT attualmente in vigore era stato approvato con deliberazione del C.R. n.12 del 25 gennaio 2000, ai sensi degli artt.6 e 7 della previgente legge regionale in materia di governo del territorio (la LR n.5 del 1995 poi abrogata dalla LR 1/2005);

 

Atteso

-che nella seduta del Consiglio delle Autonomie locali tenutasi il 20 febbraio 2007, si è svolto un importante momento di confronto sui contenuti dell’atto oggetto del presente parere, incentrato su di una esauriente illustrazione da parte dell’Assessore alle politiche territoriali della Giunta Regionale Riccardo Conti, cui hanno fatto seguito interventi da parte di alcuni componenti di questo consiglio;

 

Valutata

-la sintetica relazione illustrativa predisposta dalla struttura di supporto del Consiglio delle Autonomie locali sull’atto oggetto del presente parere;

 

Richiamata

-l’articolata, ma positiva fase di confronto e discussione  svoltasi sull’atto in esame al Tavolo di concertazione istituzionale nel periodo 2 novembre-11 dicembre 2006, con ben quattro sedute nelle quali sono state esaminate svariate tematiche attinenti il PIT, con particolare riguardo alla parte relativa alla disciplina, con la produzione di svariate stesure del PIT stesso, che tenevano conto dei rilievi e delle proposte via via maturate;

-la seduta conclusiva del Tavolo do concertazione istituzionale dell’11.12.06, dedicata al PIT, nella quale sono state acquisite le valutazioni positive delle associazioni degli enti locali sul PIT e sugli allegati;

 

Ritenuto

-che, sotto il profilo istituzionale, assuma uno straordinario rilievo il fatto che il 2 novembre 2006, a latere della fase di concertazione descritta al precedente punto, l’Assessore regionale alle politiche del territorio, i rappresentanti di ANCI Toscana, UNCEM Toscana e URPT, alla presenza anche del Consiglio delle Autonomie locali, abbiano sottoscritto un protocollo d’intesa denominato “Patto per il governo del territorio”, che pone al centro l’impegno di tutti i livelli di governo coinvolti ad attuare il massimo della cooperazione istituzionale nell’elaborazione non solo del P.I.T., ma anche dei P.T.C. e dei P.S.;

-che il patto citato assume un particolare rilievo in quanto sperimenta, sul terreno del governo del territorio, il nuovo modello di assetto dei pubblici poteri disegnato dal tutolo V della Costituzione e ripreso dal nuovo Statuto regionale;

-che, con specifico riferimento all’atto esaminato, il patto affida al nuovo PIT il ruolo di carta condivisa da parte di tutti gli enti locali della Toscana, con l’impegno a tenerlo quale coerente riferimento per l’esercizio dell’autonomo potere di ciascuno nel pianificare lo sviluppo dei propri territori;

 

Ritenuto

particolarmente  necessario un equilibrio ed una integrazione del sistema territoriale toscano che recuperi elementi e fattori di marginalizzazione dei comuni minori e delle comunità rurali attraverso un coordinamento delle diverse politiche settoriali, al fine di garantire un’eguale base di servizi e opportunità ai cittadini toscani;

                                                                   DELIBERA:

 

 

1)      di esprimere parere favorevole sulla PDD 333 “Piano di indirizzo territoriale (PIT)”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PDD 333 “Piano di indirizzo territoriale (PIT)” –  Relazione illustrativa a cura della struttura di supporto del Consiglio delle Autonomie locali.

 

 

 

                                                                       Premessa

   Volendo individuare le ragioni principali che stanno alla base della scelta per un nuovo P.I.T., di cui alla PDD 333 in esame, anziché optare per il semplice aggiornamento di quello attualmente in vigore, che è infondo solo del 2000, si possono indicare due macro filoni, che a loro volta richiamano ambiti e profili assai diversi, che in qualche caso rivestono una spiccata autonomia ed un particolare rilievo.

 

   Il primo dei due filoni attiene alla venuta a maturazione di un lungo processo, che ha infine condizionato in modo decisivo sia il nostro ordinamento interno (ed in particolar modo quello della nostra Regione con la revisione della LR 49/99 in materia di programmazione regionale e soprattutto con la nuova LR 1/2005 sul governo del territorio), sia quello dell’U.E. (si ricorda a tale proposito la Direttiva 2001/41/CE relativa alla valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente), nella materia del governo del territorio.

   Intendiamo in estrema sintesi alludere alla convergenza di tre fondamentali tratti della vita associata, tradizionalmente oggetto di separate branche dell’ordinamento oltre che di distinte sensibilità culturali e politiche. Alludiamo agli elementi della programmazione dello sviluppo socio economico, della pianificazione urbanistica e della tutela ambientale e della salute umana, riportati in un ambito territoriale unitario, al fine di  garantirne il governo, facendo perno sul principio della sostenibilità dello sviluppo.

 

  Il secondo filone è in qualche misura più strettamente legato alla specifica funzione di rappresentanza istituzionale del sistema degli enti locali della Toscana che il Consiglio delle Autonomie ha.

Essorichiama il profondo legame tra il nuovo modo di intendere ed organizzare il governo del territorio, fondato sul pluralismo dei soggetti che lo realizzano, secondo azioni ed incroci reciproci, informati ai principi di autonomia, collaborazione e coerenza dei propri contributi, anziché su di un principio di conformità gerarchicamente determinata, da un lato, ed il nuovo modello istituzionale affermato dal titolo V della nostra Costituzione e dal nuovo Statuto regionale, con l’equiordinazione dei diversi enti territoriali a base democratica e l’affermazione dei principi di sussidiarietà verticale e di cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, dall’altro lato. 

All’interno di questo secondo filone va collocato  -e però merita una separata menzione- l’originale ed efficace assetto organizzativo che si è trovato per la disciplina del paesaggio, che vede, gioco forza, l’intervento dello Stato (che nella specifica sub materia conserva una competenza legislativa esclusiva), ma nel quale si è tuttavia riusciti a mantenere un impostazione coerente coi principi guida del PIT e, prima ancora, della LR 1/2005, per ciò che riguarda l’assetto istituzionale pluralistico e cooperativo.

 

 

 

   La schematica illustrazione che segue ricalca, quanto alla partizione, quella elaborata dalla Giunta Regionale nella presentazione del PIT, articolandosi così in tre paragrafi, che, giustappunto,  corrispondono alle parti I (documento di piano), II (disciplina di piano) e III (quadro conoscitivo) del PIT.

Seguono due ulteriori paragrafi, contenenti osservazioni telegrafiche su due argomenti legati al PIT, ma che rivestono un obbiettivo rilievo autonomo: quello della valutazione integrata e quello della disciplina del paesaggio.

 

                                                                                  (I)

                                                                  Sul documento di piano

 

Prima di tentare un’analisi, ancorché sommaria, della fisionomia e dei contenuti del PIT, vanno riassuntivamente richiamati i suoi obbiettivi generali, che sembrano i seguenti:

1)in primo luogo si persegue la coerenza e l’integrazione con il PRS, nel senso che il PIT deve rappresentarne il contenuto strategico territoriale, in modo tale che questi due strumenti, insieme considerati, costituiscano il fulcro di un nuovo modello di programmazione, al quale facciano riferimento tutte le politiche regionali di settore ed i relativi atti di programmazione, ivi compreso quelli di nuova generazione, di natura negoziale, introdotti dalla LR 49/99 dopo la sua  profonda rivisitazione del 2004;

2)in secondo luogo si vuole realizzare, nell’ambito della materia del governo del territorio, il nuovo modello dei pubblici poteri disegnato dal titolo V della Costituzione, dando piena attuazione ai principi di sussidiarietà, pari dignità istituzionale e cooperazione tra i diversi livelli di governo;

3)in terzo luogo si cerca di soddisfare l’ineludibile esigenza di adeguare il PIT ai seguenti tre fattori già accennati:

   a) quello rappresentato dalla normativa comunitaria, con ciò facendo riferimento non solo alla richiamata direttiva sulla valutazione integrata (la direttiva 42/2001/CEE), ma anche alle previsioni dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (SSSE)  -si tratta di un documento approvato nel maggio 1999 a Potsdam dal Consiglio dei ministri titolari dell’assetto del territorio, nel quale, ad esempio, si segnalano, come elementi che hanno un preciso riscontro nel PIT, la salvaguardia del patrimonio culturale e delle risorse naturali, nonché la realizzazione di un sistema di città equilibrato e policentrico ed un nuovo rapporto tra città e campagna- ed a quelle della P.A.C. (politica agricola comune), recentemente riformata dal Consiglio dei ministri dell’agricoltura del 26 giugno 2003, con, tra l’altro, la specifica previsione della salvaguardia dell’ambiente quale requisito per l’accesso ai finanziamenti comunitari;

   b)quello rappresentato dalle novità introdotte dalla revisione costituzionale di cui alla l. cost. n.3/2001 e dal Codice del paesaggio del 2004;

   c)quello rappresentato dalle citate nuove leggi regionali in materia di governo del territorio e di programmazione.

 

 

                                                                            (2)

                                                          Sulla disciplina di piano

 

La prima fondamentale distinzione che si può cogliere all’interno della struttura della disciplina del  PIT è quella tra:

-         la parte statutaria, nella quale primeggia la rappresentazione strutturale del territorio come risorsa collettiva, ma non immutabile ed acquisita una volta per sempre, bensì risultato anche delle azioni e delle attività umane che la circondano e della quale deve essere garantito il futuro;

-         la parte strategica, che fa interloquire il PIT direttamente con il PRS e costituisce in qualche modo il contenuto territoriale  delle politiche settoriali da esso previste, i cui profili attuativi non potranno tuttavia confliggere con lo statuto del territorio, né con le prerogative degli enti locali che partecipano al governo del territorio.

 

 

  Lo statuto del territorio

Sulla parte statutaria merita innanzitutto riportare le esaurienti previsioni di cui all’art. 48  (Piano di indirizzo territoriale) della LR1/2005, secondo cui lo statuto del territorio individua e definisce:

a)i sistemi territoriali e funzionali;

b)le invarianti strutturali di cui all’art.4 (le risorse, i beni e le regole relative all’uso…nonché i livelli di qualità e le relative prestazioni minime, cioè il beneficio ricavabile dalle risorse);

c)i principi per l’utilizzazione delle risorse esenziali nonché le prescrizioni inerenti i relativi livelli minimi prestazionali e di qualità;

d)le aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art.32 comma 2 (si tratta degli immobili oltre che delle aree riconosciute di notevole interesse pubblico ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Circa il richiamato articolo di legge va poi menzionata la valenza di piano paesaggistico (tema su cui torneremo) dello statuto del PIT, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Va poi ricordato come lo statuto abbia anche il compito di delineare la strategia dello sviluppo territoriale, attraverso l’indicazione degli obbiettivi del governo del territorio e delle conseguenti azioni, del ruolo dei sistemi metropolitani, dei sistemi locali, dei distretti produttivi, delle aree ad intensa mobilità, degli ambiti territoriali di rilievo sovraprovinciale, delle azioni integrate per la tutela e la valorizzazione delle risorse essenziali.

E’ appena il caso di notare come, in questo modo, si stabilisca un indispensabile e coerente legame con la parte della disciplina di piano riguardante l’agenda strategica.

Il perseguimento delle specifiche finalità di cui sopra  -sono quelle descritte al comma 3 lett. a), b) e c) dell’art.48 comma 3 della LR 1/2005-  è garantito dalle prescrizioni e dalle misure di salvaguardia previste dal PIT.

In coerenza con le accennate disposizioni di legge, lo statuto del territorio del PIT  non costituisce una sommatoria di limiti, prescrizioni e vincoli, ma vuole rappresentare un patrimonio comune –il territorio appunto- fatto di risorse rilevanti di per sé, per le loro reciproche interrelazioni, per l’evoluzione che le ha caratterizzate e per l’inscindibile legame con lo sviluppo della presenza umana, che le ha accompagnate e che sulle stesse ha influito.

La finalità di questo particolare ruolo di rappresentazione affidato alla parte statutaria è quindi di tutela, ma anche di premessa per delineare possibili scenari futuri di sviluppo sostenibile.

Resta da fare un cenno a come il PIT organizzi la rappresentazione strutturale del territorio nel senso anzi detto, attraverso la seguente partizione:

-         la città toscana;

-         la moderna Toscana rurale;

-         i nuovi sistemi funzionali;

-         la sintesi conclusiva delle rappresentazioni strutturali dove si propone il sistema Toscana del futuro (Si tratta di un particolare tipo di rappresentazione strutturale che privilegia la messa a fuoco degli aspetti che denotano una  propensione a garantire efficacia e maggior funzionalità nel futuro. Come tale questa parte dello statuto interpella ed interloquisce con l’agenda strategica del PIT);

-         le invarianti (si tratta in questo caso di quella parte che nella pianificazione tradizionale era detta “vincolistica”, contraddistinta quindi da limitazioni di tipo statico, che è invece qui destinata a porre strumenti di gestione e tutela dinamica delle risorse territoriali);

-         i principi (in tale ambito vanno evidenziati: l’individuazione delle categorie di risorse dichiarate d’interesse unitario regionale; le regole inderogabili volte a garantire la sostenibilità degli interventi; l’individuazione dei centri antichi e delle emergenze);

-         la disciplina paesaggistica (che ha come riferimenti privilegiati la LR 1/2005 ed il Codice dei beni culturali e del paesaggio, su cui si rinvia a quanto detto e su cui torneremo alla fine).

 

  L’agenda strategica

Sulla parte relativa alla componente  strategica del PIT, va in primo luogo posto in evidenza che le sette strategie enunciate sono tutte riconducibili sia  alla rappresentazione strutturale del territorio regionale contenuta nella parte statutaria del PIT, sia ai contenuti territoriali degli specifici PIR del PRS.

L’agenda strategica per lo sviluppo sostenibile contenuta nel PIT ha il compito di individuare i terreni programmatici e le azioni che, pur investendo il territorio e/o utilizzandone le risorse, sono tuttavia compatibili ed anzi coerenti con il perseguimento delle correlate finalità (i metaobbiettivi) dell’agenda statutaria (vedi in tal senso il già esaminato art.48 comma 3 della LR 1/2005).

Tornando alle sette strategie previste dalla presente parte del PIT, ci limitiamo a citarne i titoli, che sono i seguenti:

-la mobilità e la logistica;

-la qualità dei sistemi insediativi;

-la ricerca e l’innovazione tecnologica;

-la qualità del territorio rurale;

-l’ accessibilità;

-l’energia;

-l’attrattività.

 

 

                                                                            (3)

                                                          Sul quadro conoscitivo

 

Il quadro conoscitivo ha un importanza centrale nell’economia del PIT, per il suo valore intrinseco intanto, ma anche  -e forse soprattutto- perché contiene gli scenari analitici di riferimento e tutti gli elementi cognitivi delle diverse componenti fenomenologiche  su cui devono fondarsi le scelte della pianificazione.

Un altro elemento da segnalare  sull’argomento è il fatto che il quadro conoscitivo rappresenta una base comune per tutti e tre i fondamentali strumenti della pianificazione territoriale (PIT, PTC e PS), per modo che è un ulteriore fattore di spinta nel processo di costruzione di un moderno sistema integrato di governo del territorio a livello regionale, che vede la partecipazione di tutti i soggetti titolari di pubblici poteri garantiti direttamente dalla Costituzione (Regione, Province e Comuni). 

E’ appena il caso di aggiungere che in questo ambito assumono un particolare rilievo gli allegati documentali al quadro conoscitivo (allegati al testo ed allegati ai quadri analitici).

 

 

 

                                      Cenni sul rapporto tra valutazione integrata e governance.

 

Senza alcuna pretesa di originalità, ma al solo scopo di valutare appieno un elemento grandemente innovativo del PIT, merita una particolare attenzione il tema della valutazione integrata  -che è, come abbiamo visto,  istituto di origine comunitaria ma che ha poi assunto un particolare rilievo anche nella LR 1/2005- perché, nelle condivisibili intenzioni di chi ha elaborato la proposta del nuovo PIT, essa rappresenta lo strumento che conferisce razionalità ed efficacia al modello della governance territoriale, che altrimenti potrebbe ridursi ad una serie di defatiganti procedure negoziali tra i diversi soggetti dotati del potere pianificatorio.

Con ciò si vuol dire che la valutazione integrata serve a coniugare i principi di autonomia e sussidiarietà con quello di leale collaborazione e quindi ad attuare, nell’ambito del governo del territorio, quel modello della cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, che è cosa ben diversa dalla rigida difesa delle proprie sfere di competenza da parte di ciascun ente locale.

I tre elementi cardine che si possono cogliere nell’ambito del PIT, con riferimento alla valutazione integrata (la stessa  -va soggiunto- è disciplinata per altro da un apposito regolamento di attuazione della LR 1/2005 sul quale il CAL ha già espresso il suo parere positivo), sembrano i seguenti:

-la rispondenza tra i metaobbiettivi contenuti nell’agenda statutaria ed i sistemi funzionali dell’agenda strategica;

-la rispondenza dei metaobbiettivi dell’agenda statutaria ai programmi strategici del PRS;

-la rispondenza dei metaobbiettivi dell’agenda statutaria ai PIR del PRS.

 

 

                                                 Cenni sulla disciplina del paesaggio

Da ultimo è opportuno soffermarsi su questo ultimo tema, la cui straordinaria complessità  deriva dal fatto che esso coinvolge direttamente, oltre che i soggetti tradizionali del sistema regionale degli enti locali, anche lo Stato.

Anzi è  proprio sul modo con il quale, in concomitanza con l’approvazione della proposta del nuovo PIT, la Giunta regionale è riuscita a costruire una originale e convincente soluzione, in coerenza con l’impostazione e la filosofia di fondo adottate per il governo del territorio in Toscana, che intendiamo soffermarci.

Il tema in questione ed in particolare quello della valenza prescrittiva della disciplina paesaggistica contenuta negli atti di pianificazione territoriale sugli atti pianificatori per così di re “sottordinati”, sono all’attenzione degli enti locali della Toscana da almeno tre anni, tanto che al Tavolo di Concertazione istituzionale, nel marzo 2004, mentre fu sottoscritta l’intesa sulla Proposta di legge che sarebbe poi divenuta la LR 1/2005 sul governo del territorio, fu anche deciso di organizzare un’apposita occasione di confronto teorico ed istituzionale sul tema del rapporto tra disciplina paesaggistica e pianificazione, tramite il Consiglio delle Autonomie locali, che ne avrebbe dovuto tenere conto nell’espressione del parere sulla proposta di legge.

Ciò avvenne puntualmente:

-il 9 luglio del 2004 il C.A.L. organizzò un seminario dal titolo:”Approfondimento sui temi del paesaggio e della nozione di prescrittività”, con la partecipazione di studiosi della materia e di rappresentanti tecnici ed istituzionali dei Comuni, delle Province e della Regione;

-nel parere espresso dal C.A.L. sulla proposta di legge 346 (poi legge regionale 3 gennaio 2005, n.1) il 17 settembre 2004, la parte relativa alla disciplina paesaggistica fu tra quelle centrali.

In particolare si sostenne la collocazione all’interno del PIT dei contenuti attinenti la tutela dei beni paesaggistici, quale unico atto avente valore di piano paesaggistico, mentre nelle stesso dovevano trovare posto solo gli indirizzi generali riguardanti la valorizzazione del paesaggio.

Nel parere si sostenne altresì il carattere puntuale e specifico che avrebbero dovuto rivestire le disposizioni prescrittive contenute nella disciplina paesaggistica del PIT e dei PTC.

Come già detto la materia della tutela dei beni paesaggistici rientra nella competenza legislativa statale in forza dell’art.117 comma secondo lett.s) della Costituzione.

Orbene, ai sensi degli artt. 135 (Pianificazione paesaggistica) e 143 (Piano paesaggistico) del D.Lgs. 42/2004 e successive modifiche e integrazioni (Codice dei beni culturali e del Paesaggio), la Regione è tenuta ad avviare, con la collaborazione dello Stato attraverso specifiche intese, una complessa procedura plurifase, finalizzata all’approvazione del piano paesaggistico, che comporta, tra l’altro, l’individuazione dei beni e delle aree da tutelare, con ricadute ed incroci con tutti gli atti di pianificazione territoriale delle Province e (soprattutto ) dei Comuni.

La Regione Toscana, che con la LR 1/2005 ha provveduto, come già detto, ad attribuire allo statuto del territorio del PIT valenza di piano paesaggistico ai sensi del citato codice del paesaggio, ha stipulato un apposito protocollo d’intesa, con allegato disciplinare di attuazione, con il Ministero per i beni e le attività culturali, che, se da un lato contiene la specifica disciplina paesaggistica regionale, nella quale trovano collocazione attiva e possono contribuire alla sua implementazione tutti gli attori istituzionali (comuni e province compresi), dall’altro, costituisce un sub procedimento autonomo, ma che va ad integrarsi con quello già incardinato presso il Consiglio regionale per l’approvazione del PIT, in modo tale che si perverrà ad avere, in contemporanea, l’approvazione del principale strumento di pianificazione territoriale e quella del piano paesaggistico, con il concorso dello Stato, ma in coerenza con la disciplina regionale del governo del territorio, che vedrà gli statuti dei PTC e dei PS contribuire alla formazione della disciplina paesaggistica.   

Dalla lettura degli articoli del PIT relativi a questa materia (cfr. artt.31-36), del citato protocollo d’intesa con il ministero e dell’allegato disciplinare, si ricava un disegno di grande modernità che, pur se assai complesso, può rappresentare un punto di svolta reale, con un significato che va oltre l’esperienza regionale.