P.d.L. n. 74 "Istituzione dell'Agenzia regionale per la Sicurezza Alimentare"

Parere obbligatorio

1) Quello della sicurezza alimentare è un tema di importanza politica prevedibilmente crescente a livello italiano ed europeo (quanto meno), come conferma il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare.
Portano in questa direzione, da un lato, i crescenti rischi di ingresso nella catena alimentare da parte dei fenomeni di inquinamento ambientale, la crescente manipolazione genetica e chimica delle produzioni alimentari. Dall'altra parte emerge la tendenza all'innalzamento del valore della sicurezza (in ogni campo) come fattore caratterizzante una moderna qualità della vita.
Il risultato di questi due aspetti concomitanti è una imprevista politicizzazione del tema della sicurezza alimentare, di cui le varie emergenze (BSE, ecc.) rappresentano solo il segnale e il sintomo, rispetto al quale governi, forze politiche, mass-media hanno dimostrato, in genere, impreparazione.
Decisamente positivo è, quindi, il fatto che il Consiglio Regionale si prefigga l'approvazione di una legge su questa materia.

2) Sull'impostazione originaria della proposta in esame, volta a costituire un'Agenzia regionale per questa materia, si dovrebbe invece esprimere un giudizio del tutto negativo. Tuttavia sembra emergere ora da parte degli stessi proponenti una più avanzata riflessione che porterebbe a modificare la proposta originaria nel senso di istituire non un'Agenzia ma una Rete regionale per la sicurezza alimentare.
E' questa la strada giusta, che questo Consiglio condivide pienamente e da sottolineare positivamente.
Una "rete" e non "un'agenzia" per la sicurezza: un obiettivo che segnala un'evoluzione dalla dimensione delle agenzie (centraliste) regionali a quelle della rete, come tessuto articolato sul territorio ed interconnesso.
Il modello "agenzia" richiama principalmente ed inevitabilmente funzioni di controllo, di accentramento, di direzione esterna, complicando, spesso senza volere, procedure e funzioni, confondendo ruoli e competenze.
Il modello "rete" richiama invece il coinvolgimento di diversi soggetti, istituzionali, sociali, economici, scientifici e d'interazione orizzontale tra di essi, con un più efficace risultato di penetrazione territoriale, particolarmente importante quando si parla di "sicurezza".

Si possono ottenere risultati davvero positivi riuscendo a mettere tra loro in relazione (in rete) la ricerca scientifica prodotta dalle Università Toscane, la Regione, gli Enti locali territoriali e le diverse competenze di questi (agricoltura, sanità, attività industriali di trasformazione) ecc.
La salvaguardia della salute del cittadino - consumatore, la tutela delle risorse ambientali primarie (territorio e acqua), la valorizzazione dei prodotti tipici, biologici, ecc. sono obiettivi convergenti finora confinati in ambiti tra loro separati.

3.1) In questa ottica, non dovrebbe essere costituito un "Ufficio della Rete", amministrato da una struttura tecnica (il "Comitato tecnico").
Si potrebbe prevedere invece un'architettura concepita diversamente: basata su un "centro rete" ("Ufficio della Rete") collocata a livello regionale e articolata sul territorio attorno a "nodi" strutturati in base a intese locali (Province - Comuni) che disciplinano doveri e impegni tra enti e verso il "centro rete - Ufficio della rete regionale", riservando all'autonomia e alla volontarietà di ciascun territorio la definizione del contenuto dell'intesa locale. Altri nodi devono essere costituiti della Università toscane.

3.2) La "consulta" può andar bene, ma la presenza degli enti locali a questo livello non ha gran senso, nel caso in cui si accetti e si sviluppi fino in fondo il tema della "rete", in quanto gli stessi diventerebbero soggetti della rete.
Seguendo il filo del recente protocollo d'intesa tra Regione e associazioni degli enti locali, si tratta di immaginare Regione ed enti locali "dalla stessa parte del tavolo" della concertazione o di una consulta, rispetto agli altri soggetti.
Il sistema Regione - autonomie locali costituisce infatti "la parte pubblica" della concertazione.
L'approvazione dei Programmi pluriennali di attività spetta quindi, secondo questa logica, a Regione e Enti locali aderenti alla Rete (secondo forme e procedure da definire).

4) Un'ultima considerazione sulla tipologia di attività della rete: non solo implementazione, ottimizzazione, non sovrapposizioni, del sistema dei controlli, ma orientamento della ricerca scientifica, trasferimento delle conoscenze e della ricerca al sistema delle imprese, valorizzazione e tutela delle produzioni tipiche e biologiche, ecc.

 

.