COMUNICATO STAMPA n. 0042
Medici senza Frontiere: film-documentario, la difficile impresa dell’azione umanitaria
Gli operatori fiorentini di Msf a palazzo Panciatichi. Annalisa Bertusi, logista, e Fabio Gianfortuna, psicoterapeuta, rispondono alle domande del pubblico sulle loro esperienze di vita in zone ad alto rischio. Daniela Lastri: “Facciamo conoscere come si svolge un’azione umanitaria in condizioni particolarmente difficilì”
16 gennaio 2014
Firenze – “E’ un’occasione per far conoscere, specie ai giovani, come si svolge un’azione umanitaria in condizioni particolarmente difficilì”. Così Daniela Lastri, consigliera segretario dell’Ufficio di presidenza, ha presentato l’incontro con gli operatori fiorentini di Medici Senza Frontiere, in corso di svolgimento nell’Auditorium del Consiglio regionale, nel quadro delle iniziative per la Festa della Toscana.
Lastri ha ricordato che Medici Senza Frontiere nel 2009 ha effettuato più di 7,5 milioni di visite mediche, curato 1,1 milioni di casi di malaria, vaccinato quasi 8 milioni di persone contro la meningite e 1,4 milioni di bambini contro il morbillo, effettuato più di 43mila interventi chirurgici, assistito 13mila donne vittime di violenza sessuale, aiutato a nascere più di 110mila bambini, fornito il trattamento antiretrovirale a 163mila persone sieropositive. “Un altro dato eccezionale – ha aggiunto - la grande maggioranza dei fondi raccolti, circa il 99 per cento, proviene da scelte fatte da privati cittadini. Sono numeri e fatti che si commentano da soli”.
La proiezione del film-documentario di Peter Casaer ‘MSF (UN)limited’, con le testimonianze dirette e personali degli operatori che, nel pieno delle emergenze, devono fare i conti con la propria coscienza, il coinvolgimento emotivo, le minacce, i dilemmi ed i compromessi, ha gettato una luce diversa sulle sfide e sui limiti che accompagnano gli interventi umanitari.
“E’ grazie ai fondi propri che possiamo intervenire subito nelle emergenze, senza aspettare nessuno. Questo fa la differenza”, ha sottolineato Annalisa Bertusi, logista fiorentina di Msf dal 2003, che ha lavorato in paesi sotto i riflettori per le carestie, le guerre, le catastrofi naturali, come il Niger, l'Afghanistan, il Darfur e l'Indonesia, ma anche completamente dimenticati come il Burundi o il Malawi. “Mi occupo di tutto quello che serve ai medici per fare bene il loro lavoro: costruzioni, potabilizzazione dell'acqua, gestione del parco mezzi e degli approvvigionamenti, sistemi di comunicazione – ha osservato, rispondendo alle domande del pubblico – Quarant’anni di esperienza ci hanno permesso di mettere a punto precisi standard per ogni paese in cui andiamo: stesse macchine, stesse strutture, che ci mettono in condizione di lavorare appena arrivati”. “Il grande sostegno che troviamo, non solo tecnico ma anche umano, ci viene dai comitati locali – ha aggiunto – Noi restiamo qualche mese, al massimo un anno, poi il progetto viene gestito da loro per molto tempo”.
‘Come fa uno psicoterapeuta a fare il suo lavoro non conoscendo la lingua?’ è stato chiesto a Fabio Gianfortuna, psicologo che, dopo aver lavorato per molti anni nel capoluogo toscano, nel 2004 è entrato a far parte di Medici senza Frontiere ed è stato coordinatore di progetto in vari paesi fra cui Kashmere, Pakistan, Palestina, Colombia e Darfur. “Di solito lavoriamo con un traduttore - ha risposto –. È sempre lo stesso e questo instaura una relazione, che permette di fare un lavoro di coppia. Alla base c’è sempre una formazione sanitaria”. Questo permette di superare l’ostacolo”. ‘Succede di doversi occupare anche degli operatori?’ “Questa è po’ la regola – ha detto ancora – Facciamo interventi di primo livello, poi abbiamo una struttura specifica di supporto per loro”. (dp)
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