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COMUNICATO STAMPA  n. 0642

 
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Indipendenza Toscana: Ceccuti, fu una rivoluzione di civiltà

Il professore, nella sua relazione, ripercorre gli avvenimenti principali di quel 27 aprile 1859 a Firenze, che aprirono la strada all'unità nazionale

 

27 aprile 2017

 

Firenze – “La Toscana ha dato una lezione incomparabile di civiltà al mondo in due occasioni. Nel 1786, con la Costituzione di Pietro Leopoldo e l’abolizione della pena di morte e della tortura. Nel 1859, con una rivoluzione politica, dagli effetti dirompenti, ma pacifica, senza che fosse sparato un solo colpo di fucile, senza morti né feriti. Eppure, allora, una dinastia concludeva malinconicamente il suo regno”. Lo ha sottolineato Cosimo Ceccuti, professore ordinario di storia contemporanea alla ‘Cesare Alfieri’, da poco in pensione, nel suo intervento alla seduta solenne del Consiglio regionale della Toscana sull’Indipendenza toscana.
Ceccuti ha ricordato il clima di festa di quel 27 aprile, con le quasi ventimila persone raccolte alle ore 12 in piazza Barbano, in seguito piazza Indipendenza, per andare verso palazzo Pitti, ma che arrestarono la loro marcia in piazza della Signoria, dove a Palazzo Vecchio venne issato il tricolore sul balconcino a fianco del David di Michelangelo. Molte le espressioni di plauso a Vittorio Emanuele II e a Napoleone III, i grandi alleati, senza un solo grido ostile all’Austria. Le truppe, undicimila uomini, di austriaco avevano solo il comandante e fraternizzarono con la folla. Il Granduca Leopoldo non accettò la richiesta di abdicazione in favore del figlio Ferdinando e preferì andarsene. “Gli effetti di quel 27 aprile andavano molto al di là dei confini della Toscana – ha rilevato il professor Ceccuti – La proclamazione della fine dei Lorena, votata poi dall’assemblea toscana in agosto, apriva la strada all’unità nazionale più di ogni altra rivoluzione avvenuta in quelle settimane negli altri stati della penisola”. Chiedendo l’unione al regno di Vittorio Emanuele, infatti, Ricasoli ed i toscani facevano saltare il progetto dell’Italia divisa in tre stati, rompevano ogni schema e portavano il Regno di Sardegna oltre l’Appenino. “Il governo provvisorio di Ubaldino Peruzzi, Vincenzo Malenchini,  e del maggiore Alessandro Danzini, fra i suoi primi provvedimenti, emanò il decreto che abolì la pena di morte, reintrodotta dal Granduca, ma mai applicata – ha concluso il professor Ceccuti – Perché, recita testualmente il decreto, ‘fra noi la civiltà fu sempre più forte della scure del carnefice’. Questo è il senso della rivoluzione toscana del 1859”. (dp)

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