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COMUNICATO STAMPA  n. 1088

 
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Seduta solenne: Donati, modello toscano all'altezza delle nuove sfide

Il costituzionalista ripercorre le tappe del nostro modello istituzionale ed organizzativo, che ha permesso la valorizzazione degli elementi identitari

 

13 luglio 2016

 

Firenze – "Questo anniversario è un'occasione che ci permette di riflettere sul modello toscano di regionalismo, su come si è sviluppato e sulle sue prospettive future, anche alla luce della riforma costituzionale, su cui entro l'anno saremo chiamati a pronunciarci". Filippo Donati, ordinario di diritto costituzionale all'università di Firenze, ha sintetizzato in queste parole il senso della sua relazione alla seduta solenne del Consiglio toscano, che si riunì per la prima volta il 13 luglio del 1970. Il professore ha ricordato che la Regione si trovava allora in una situazione di "oggettiva debolezza", sia per la mancanza di radici storiche 'dell'istituto Regione', sia per l'impianto normativo ed istituzionale fortemente accentrato. La stessa Assemblea costituente non individuò le Regioni sulla base di criteri socio-economici, culturali o identitari, ma sulla base dei compartimenti utilizzati nel passato a fini statistici. Donati ha sottolineato che i loro primi anni di funzionamento furono caratterizzati da una fortissima resistenza al trasferimento di funzioni amministrative e di risorse finanziarie, indispensabili per una reale autonomia. E' in questo contesto che fu affrontato il problema della struttura organizzativa, cioè della forma di governo e dei rapporti tra Giunta e Consiglio. "Il Consiglio regionale utilizzò un metodo molto innovativo per discutere ed approvare il nuovo statuto – ha rilevato – Ci fu il coinvolgimento diretto di associazioni istituzionali, come quella delle province toscane, le università, un lungo dibattito in commissione ed in aula, una consultazione popolare". Il punto di arrivo fu una forma di governo di tipo assembleare, con un ruolo preminente del Consiglio, in linea con la 'centralità parlamentare' a livello nazionale. Secondo Donati i primi trenta anni di attività furono caratterizzati da un ulteriore indebolimento del ruolo delle Regioni, sia per le resistenze dello Stato a cedere poteri, sia per lo sviluppo dell'integrazione europea, che ha portato la gestione di alcune materie, come l'agricoltura, verso altri livelli istituzionali, con lo Stato che avocava a sé sempre nuovi poteri e fare interventi sostitutivi. A tutto questo si contrapponeva un movimento autonomista sempre più motivato. "Un trasferimento organico di funzioni e risorse si ebbe soltanto nel 1998 – ha affermato il professore – quando Bassanini decise di realizzare il massimo di federalismo possibile a Costituzione invariata". Le istanze autonomistiche, però, si scontravano contro un impianto istituzionale marcatamente centralistico, destinato a cambiare solo con le riforme costituzionali, che hanno introdotto l'elezione diretta del presidente della Regione ed hanno permesso a ciascuna regione di dotarsi di un proprio statuto e di una propria legge elettorale, nel quadro del tutto nuovo che si è determinato con la riforma del Titolo V. "Il riconoscimento che la Regione ha competenza legislativa a carattere generale – ha detto Donati - ed il principio di sussidiarietà nell'esercizio delle funzioni amministrative sono elementi che vanno tutti nella direzione di un grandissimo rafforzamento dell'autonomia regionale". Un'autonomia che, secondo il professore, ha permesso la valorizzazione di alcuni elementi identitari della Toscana, quali la concentrazione e la qualità del suo patrimonio storico, artistico, paesaggistico ed un'economia di piccole e medie imprese legate all'artigianato, al turismo, all'agricoltura. La crisi economica che investe le stesse istituzioni locali e la globalizzazione dell'economia stanno mettendo in crisi un modo tradizionale di fare politica. Emergono nuovi localismi, che però hanno effetti ben lontani dal territorio di riferimento. Le stesse Regioni rischiano di diventare un soggetto amministrativo e non più organo di indirizzo politico. Qual è il futuro che ci attende? "Avevamo nel Settanta un Consiglio regionale privo di legittimazione, dalle radici storiche debolissime, che operava in un sistema istituzionale profondamente centralistico e avverso alla autonomie – ha concluso Filippo Donati – Oggi partiamo da basi molto piu salde, ma le sfide sono molto impegnative. Credo che l'esperienza del passato ci indichi che possono essere affrontate e vinte". (dp)

Responsabilità di contenuti, immagini e aggiornamenti a cura dell'Ufficio Stampa del Consiglio regionale della Toscana