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COMUNICATO STAMPA  n. 0141

 
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Giorno del Ricordo: Pigliucci, ricucire pagine strappate storia nazionale

L’intervento del presidente nazionale ‘Comitato 10 febbraio’ alla seduta solenne: “La storia come coscienza viva del proprio passato”

 

11 febbraio 2014

 

 

Firenze – “Affrontare il passato, in tutta la sua dolorosa crudezza, significa donare alle generazioni a venire un futuro più solido perché fondato sull’esperienza di chi le ha precedute. Questo è il compito della storia, la cui conoscenza non è, e non può limitarsi ad essere, narrazione dei fatti ma deve rappresentare una coscienza viva del proprio passato”. Così Michele Pigliucci, presidente nazionale del “Comitato 10 febbraio”, l’associazione che da anni si batte per restituire al Paese la memoria per troppo tempo insabbiata di ciò che avvenne nel confine orientale alla fine della guerra e che coinvolse migliaia di italiani. 

Citando Antonio Gramsci, “la verità è sempre rivoluzionaria”, Pigliucci ha individuato “obiettivi, impegni e responsabilità cui questa ricorrenza ci chiama” anche per non correre il rischio che diventi “semplice esigenza di testimonianza”.

“È necessario comprendere e raccontare – ha detto – quali possono ancora essere gli elementi di attualità legati a questo giorno”. E tra i primi obiettivi richiamati, quello di “ricucire, definitivamente, le pagine strappate dal libro della storia nazionale, perché possano insegnare a raccontare alle future generazioni ciò che è stato, affinché non abbia a essere mai più”. Esiste, tuttavia, secondo Pigliucci, un secondo obiettivo da perseguire, “intrinseco alle celebrazioni”. Quello di “restituire piena dignità non soltanto alle tragedie ma all’intera, complessa storia degli italiani in Istria, nel Quarnaro e in Dalmazia”. “Bisogna – ha continuato – sgomberare definitivamente il campo dalla sensazione di imbarazzo di quanti ancora tendono a ritenere la presenza italiana nell’Adriatico orientale una presenza allogena, di stampo quasi coloniale, e raccontare invece, senza vergogna, come gli italiani abbiano abitato quelle terre ininterrottamente da duemila anni, in una convivenza quasi pacifica con gli sloveni e i croati”. “Bisogna raccontare – ha rilevato ancora il presidente – come quelle terre siano ancora oggi abitate da italiani” per “restituire dignità alla storia del popolo giuliano dalmata” definito da Indro Montanelli “due volte italiano”.

Eppure l’Italia, ha osservato Pigliucci, “ha fatto dei giuliani il proprio capro espiatorio, evitando così di affrontare realmente la responsabilità di una guerra tragica e devastante”. Riflettere oggi sulla presenza di nostri connazionali in quelle terre “significa anche saper cogliere le opportunità che possono rappresentare nella costruzione di una Europa senza più confini”. Opportunità e “valore aggiunto” che gli stessi croati hanno riconosciuto visto il “processo di inclusione e di tutela della specificità della cultura italiana avviato negli ultimi anni”. “Sarebbe dunque paradossale – ha sottolineato Pigliucci - che l’Italia non fosse pronta a rispondere a questa opportunità perché troppo impantanata nella incapacità di leggere la propria storia come storia di tutti e non soltanto di una parte”.

Anche per questo, a dieci anni di distanza dall’approvazione della legge 92 del 30 marzo 2004 con la quale il Parlamento italiano istituì il Giorno del Ricordo, con il fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, “possiamo sperare che questa ricorrenza abbia ancora un ruolo da esercitare”. “La nazione, come l’individuo – ha concluso il presidente citando Ernest Renan – è il punto di arrivo di un lungo passato di sforzi, sacrifici, dedizione. L’esistenza di un Giorno del Ricordo dei sacrifici compiuti insieme, può essere il punto di partenza per la costruzione di una vera nazione europea fondata sulla solidarietà, sul rispetto della storia di ciascuno, sul riconoscimento delle reciproche identità”. (f.cio)- segue

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