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Il presidente Eugenio Giani: "La Shoah punto più basso in cui è caduta l'umanità"


L'assessore alla presidenza Vittorio Bugli: "Il treno della memoria è un'esperienza che ha cambiato molte persone"


Ugo Caffaz: "Imparare a riconoscere i meccanismi che ci portano verso l'ignoto"

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COMUNICATO STAMPA  n. 113

 
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Aula: seduta solenne per Giorno della Memoria

Eugenio Giani: “al primo segnale di deriva dobbiamo accendere la luce, suonare il campanello dell’impegno”; Vittorio Bugli: “la libertà nasce in campo aperto ed è occasione per prendere posizione”. Ugo Caffaz : “Uguali perché diversi, diversi perché uguali”

 

di Paola Scuffi con la collaborazione di Ufficio Stampa, 29 gennaio 2019

 

“Grazie alle autorità presenti, la sinergia tra le istituzioni è un baluardo che si fonda sul lavoro reciproco per trasmettere i valori della Costituzione”. Con queste parole il presidente dell’Assemblea toscana, Eugenio Giani, ha dato il “la” alla seduta solenne per il Giorno della Memoria. E parlando del lavoro comune, che ci porta a impegnarci per la convivenza civile, la libertà, la pace, il superamento di ogni tipo di discriminazione, Giani ha parlato di una “Memoria che si carica di significato, a livello di diritto nazionale e internazionale”, ringraziando Ugo Caffaz e definendolo il “pensiero della Memoria in Toscana”, per l’esperienza del Treno, giunto all’XI edizione, pronto a far restare ammutoliti centinaia di giovani. “Chi sale su quel treno e visita i campi di sterminio rimane toccato per tutta la vita”, come lo è stata anche la delegazione consiliare, guidata da Antonio Mazzeo, che quest’anno ha vissuto questa esperienza unica, grazie al lavoro di Caffaz.
 
“Voglio ricordare il Giardino inaugurato pochi giorni fa a Montemurlo, insieme al consigliere Nicola Ciolini, in ricordo di Sergio De Simone, il cuginetto delle sorelle Bucci – ha continuato Giani – le due sorelline che riuscirono a scampare alla morte perché non risposero all’invito di ‘andare a vedere la mamma’, come aveva confidato loro una collaborazionista, che aveva preso in simpatia queste due piccoline di 4 e 6 anni”. “Sergio fece invece un passo avanti, non ubbidì alle cuginette e si trovò nelle mani del medico che faceva esperimenti con le cavie dei bimbi – ha raccontato il presidente – venne poi ritrovato a Berlino, in uno scantinato, appeso a un gancio da macellaio”. “Ho voluto ricordare questo frammento della peggiore cronaca della storia – ha sottolineato il presidente – per non  dimenticare, per far attenzione alle eventuali derive, frutto di declivi di cui spesso stentiamo a renderci conto: al primo segnale dobbiamo accendere la luce, dobbiamo suonare il campanello dell’impegno e della partecipazione”, ha concluso, rammentando Vittorio Emanuele III quando a San Rossore firmò le leggi razziali su un ponticino, mentre era a caccia nella tenuta e non poteva leggere quanto inviatogli da Mussolini.
 
Ma quali sono stati i dati della deportazione in Italia? L’assessore Vittorio Bugli ne ha sintetizzati uno in particolare, concentrandosi sull’autunno del 1943, dopo l’Armistizio e la Repubblica di Salò: furono deportati in 40mila e ne tornarono solo 3000, poco più del 7 per cento. “E non si trattò di un fenomeno eccezionale – ha affermato – ma dell’essenza stessa del pensiero nazista, che si unì alla logica lucida, organizzata, razionale, scientifica del male”. “A noi accogliere l’invito del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – ha continuato Bugli – per una Giornata della Memoria come invito costante e stringente all’impegno e alla vigilanza, come ha fatto la Regione Toscana con il Treno della Memoria e il meeting degli studenti al Mandela, per una comunità sempre più consapevole, grazie alla formazione di docenti e studenti”.
 
E ricordando gli anniversari del 2018: l’ottantesimo delle leggi razziali e il settantesimo dall’entrata in vigore della Costituzione, Bugli ha sottolineato “la necessità e l’urgenza di combattere contro il negazionismo e l’indifferenza, per vivere il presente alla luce del passato, per andare verso un futuro migliore, perché, come afferma sempre Caffaz, ‘chi non ha memoria non ha né futuro né presente’”. E parlando “dei campi di sterminio come fabbriche della morte, con uno stato giardiniere intento a eliminare le erbacce”, l’assessore ha detto con forza che “la libertà nasce in campo aperto ed è occasione per prendere posizione: siamo condannati a scegliere, a noi tutti utilizzare la memoria per ricomporre i valori e costruire il futuro, lottando per un obiettivo bello e alto, l’umanità solidale, in una Europa libera e unita”. 
 
“Il tema primario è sempre lo stesso, la persona, di cui dobbiamo più occuparci che preoccuparci – ha concluso – dobbiamo difendere l’Europa della libertà, eguaglianza, solidarietà, quindi scendere in campo tutte le volte che i diritti sono minacciati: quando lo abbiamo fatto abbiamo costruito dignità e crescita, se non lo facciamo creiamo distruzione e morte”.
 
“La seconda guerra mondiale si è conclusa con 65 milioni di morti, dei quali 13 milioni uccisi nei campi di sterminio, per la metà ebrei.  Un milione e duecento mila  i  bambini.  Dalla Toscana partirono circa ottomila ebrei, di cui mille bambini, e ne tornarono il dieci per cento. Da Firenze partirono dal binario 16 almeno 350, senza contare gli ebrei tedeschi rifugiati da noi”. Sono le cifre terribili ricordate da Ugo Caffaz  nel suo intervento. “Una delle ragioni è stata l’idea dell’esistenza di una razza superiore, che aveva diritto di dominare le altre, e l’idea di creare l’homo novus  - ha ricordato -. Le razze non esistono. Siamo tutti parenti, perché abbiamo un genitore comune. Siamo uguali, perché diversi, e diversi, perché uguali”.

Caffaz ha ripercorso  le tappe di un percorso che nasce in tempi lontani, ad esempio nel 1540 in Spagna con la ‘limpieza de sangre’, nell’antropologia dell’Ottocento, e giunge alla legge italiana del 1936 che regolava i rapporti coniugali tra italiani e sudditi dell’impero, il manifesto della razza nel 1938, la carta di Verona che parlava degli ebrei come di una razza nemica.
A suo giudizio i meccanismi che portano a questi eventi sono sempre gli stessi: crisi economica, egoismi individuali, ricerca di un capro espiatorio, e il rivolgersi ad un capo. Per questo, citando Primo  Levi, ha ricordato che  “comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché è successo e può succedere ancora” ed esperienze come il treno della memoria sono un vaccino, che ha però bisogno di richiamo.

Levi ha osservato che la cultura è fatta di valori condivisi, ma non sempre sono valori positivi. Di qui l’elogio della convenienza, perché ciò che fai agli altri, gli altri possono farlo a te. L’elogio del compromesso, per evitare inutili radicalizzazioni. L’elogio della solidarietà. Ha concluso quindi il suo intervento leggendo la poesia di Primo Levi Se questo è un uomo.

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